Il maschio alfa non esiste
Storia di uno scienziato che ha cannato di brutto una ricerca sui lupi e poi si è pentito, ma era troppo tardi.
Se prima eravamo in 12,000 a ballare l’Hully Gully
Prima di cominciare con l’episodio di oggi, lasciate che dia un caloroso benvenuto a tutte le persone che si sono iscritte a Maschi del Futuro dopo aver ascoltato la mia intervista sul podcast di Francesco Costa, Wilson.
Mi avete scritto in tante e tanti per presentarvi, grazie. Tra di voi ci sono persone con e senza figli, donne, uomini, eterosessuali, persone LGBTQ+, ci sono insegnanti, educatori, psicoterapeute, operatori e operatrici di centri antiviolenza, volontari. Eravamo quasi 12,000 e adesso siamo 16,250!
Sono felice (felice!) che siate qui, nel senso che sento proprio quel friccico ner core che si sente quando delle persone si mettono insieme per provare a far succedere qualcosa di bello.
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Cominciamo.
Il maschio alfa non esiste
Trovandomi spesso a parlare di comportamento maschile, posso dirvi che arriva quasi sempre il momento in cui qualcuno pronuncia una frase di sole due parole che ha l’ambizione di smontare gli argomenti di chiunque metta in discussione lo status quo: “è natura”.
Di solito poi chi parla di natura tira in ballo gli animali.
E quando si parla di maschi… spesso gli animali ad essere chiamati in causa sono loro, auuu, i lupi.
Gli influencer della manosfera (quei pezzi di internet in cui si celebrano i maschi capaci di dominare tutto e tutti, a qualunque costo), sono FISSATI con i maschi alfa.
In questo video di 22 secondi (di più è difficile reggerlo) il mega influencer accusato di stupro, traffico di esseri umani e altro Andrew Tate parla di come le donne sono attratte e si fidano “istintivamente” (ammazza che istinto) di lui che essendo un maschio alfa ha una Lamborghini che guida a 225km all’ora.
Jordan Belfort, il personaggio interpretato da Leonardo Di Caprio in “The Wolf of Wall Street”, celebre film di Scorsese del 2013, incarna alla perfezione la nostra idea di maschio alfa: promiscuo, senza scrupoli, ultra-competitivo, vincente, ossessionato dal successo, e dalla necessità di dominare chi lo circonda.
In Teen Wolf (serie TV del 2011–2017), il “maschio alfa” è un lupo mannaro con poteri superiori, contraddistinto da occhi rossi e una forza fuori scala. Gli alfa possono “reclamare” altri membri del branco o spezzare la volontà di chi si ribella. Sono dominanti per natura, e temuti da tutti gli altri.
Intervistato dall’Atlantic durante la campagna di Trump nel 2016 sulle accuse di molestie che il Presidente aveva ricevuto, un uomo di 30 anni rispose:
Trump è un maschio alfa. Il nostro problema oggi è che vogliono comprimere il nostro ego. L’ego maschile è ciò che ha consentito alla nostra specie di sopravvivere. Ma oggi tutti sono troppo sensibili.
Ma da dove viene il concetto di “maschio alfa”?
Fino a pochissimo tempo fa, ho sempre usato anche io questa espressione come se si trattasse di un concetto assodato dal punto di vista scientifico e valido quantomeno nell’ambito di alcuni animali, come - per esempio - i lupi.
Solo di recente ho scoperto che i maschi alfa, tra i lupi, non esistono.
Come, scusa?
Nel 1970, un importante biologo del lupo americano di nome David Mech, pubblicò un libro che ebbe uno straordinario successo. Era intitolato The Wolf: The Ecology and Behavior of an Endangered Species (Il lupo: Ecologia e Comportamento di una specie a rischio). Il libro conteneva una gran quantità di informazioni sui lupi (dei quali fino agli anni ‘60 si sapeva molto poco), e diventò molto popolare non solo tra gli studiosi, ma anche fra le persone comuni, incuriosite dallo straordinario animale che ha sempre catturato l’immaginazione umana.
Nel libro di Mech c’era anche una sezione dedicata al comportamento dei lupi nel branco, che Mech aveva compilato sulla base degli studi di Rudolph Schenkel, un etologo che aveva studiato i lupi nel 1930 e nel 1940, e pubblicato un paper nel 1947 dal titolo “Expressions Studies on Wolves” / Studi espressivi sui lupi. Scriveva Schenkel, nel tentativo dichiarato di ricostruire una “sociologia del lupo”:
Ogni lupo adulto possiede un ‘potere di espansione’ sempre pronto all’uso, una tendenza ad ampliare non tanto il proprio territorio personale, quanto piuttosto la propria libertà di comportamento sociale. […] Il mantenimento di uno status quasi privo di classi richiede una costante autoaffermazione.
Schenkel credeva inoltre che i lupi avessero bisogno di uno sfogo per l’energia aggressiva, solitamente “scaricata sugli individui più deboli della società.”
Era questo il primo documento nel quale venne introdotto il concetto di “lupo primario maschio” e “lupa primaria femmina” (in inglese tradotti come lead wolf e bitch wolf, giuro):
Con un costante controllo e una repressione continua di ogni forma di competizione (all’interno dello stesso sesso), entrambi questi 'animali alfa' difendono la propria posizione sociale.
Il problema?
Tenetevi forte.
Schenkel non ha mai studiato i lupi nel loro ambiente naturale.
I suoi studi si basavano sui lupi osservati… allo zoo di Basilea.
Si trattava quindi di animali in cattività, che - come oggi sappiamo - si comportano in modo molto diverso rispetto ai lupi che si incontrano in natura.
David Mech ha passato un pezzo molto significativo della sua vita a cercare di fermare la pubblicazione del suo libro sui lupi, e a correggere le affermazioni che aveva inserito nel suo bestseller, proprio perché tutto quello che c’era scritto sul comportamento sociale dei lupi era sbagliato.
Purtroppo, Mech è riuscito ad ottenere il ritiro solo nel 2022, quando il mito del maschio alfa era da tempo diventato virale ed era stato completamente assorbito dalla cultura pop e da Hollywood come un fatto incontrovertibile della natura maschile, il filo di collegamento tra uomini e lupi.
Come sono davvero i lupi in natura?
In natura, i lupi sono animali sociali, cooperativi e profondamente legati alla propria famiglia. L’immagine del lupo solitario e dominante è una distorsione culturale che non riflette il comportamento reale osservato in libertà.
David Mech racconta che dopo la pubblicazione del suo libro iniziò ad effettuare studi sui lupi liberi grazie ai progressi nella tecnologia del radio-tracciamento che permetteva di monitorare gli spostamenti dei lupi in natura. Fu allora che i ricercatori si resero conto che i lupi si spostavano sì in branco, ma che il branco era la famiglia di un lupo, e i due lupi primari erano… i genitori.
In altre parole, nella stragrande maggioranza dei casi, un branco non è fatto da diverse famiglie con due lupi adulti dominanti, come pensava Schenkel, ma da una sola famiglia nucleare, con figli di varie età.
Mech scoprì che i lupi sono monogami, e restano spesso nella stessa coppia per tutta la vita. I giovani lupi infatti lasciano il proprio nucleo familiare non per diventare alfa in un altro gruppo, ma per formare una propria famiglia. E per questa ragione, i lupi solitari sono una eccezione, perché nel momento in cui un lupo è staccato dalla propria famiglia e ne sta cercando un’altra è molto più vulnerabile.
I lupi usano segnali posturali e vocali per comunicare, ed evitano attivamente lo scontro fisico. L’aggressività è costosa in termini energetici e rischiosa per l’integrità fisica: la regola è “non farsi male tra di noi”.
I lupi non combattono per scalare la gerarchia sociale. I membri del branco collaborano per cacciare, si proteggono a vicenda, giocano insieme e si prendono cura dei cuccioli. E i fratelli maggiori spesso restano con il branco per aiutare ad allevare i più piccoli. I ruoli non sono rigidi: il branco è flessibile e si adatta alle necessità.
La realtà, insomma, è molto distante da quella competizione aggressiva con l’obiettivo della dominazione descritta da Schenkel.
Forse non è un caso che le osservazioni di Schenkel siano avvenute durante uno dei momenti più bui della storia dell’Europa. Non ho potuto fare a meno di pensare al fatto che osservando i lupi in uno zoo, lo scienziato stesse (forse inconsapevolmente) cercando di trovare una ragione “naturale” per quello che stava accadendo tra gli uomini intorno a sé.
E oggi?
Da dove viene quella che è diventata una vera e propria ossessione con il concetto di “maschio alfa”? A cosa stiamo cercando di trovare una spiegazione naturale che ci offra una qualche forma di conforto per un comportamento umano che non riusciamo a decodificare altrimenti?
Se vi interessa approfondire il rapporto tra l’idea del maschio alfa e la rappresentazione maschile in tv e al cinema, vi consiglio questo episodio di Pop Culture Detective su Youtube.
Ditelo in giro che i maschi alfa non esistono!
Quelli fissati col dominare gli altri imponendosi con violenza, non hanno un filo diretto coi lupi, non stanno vivendo coraggiosamente a contatto con il proprio lato “selvaggio”. Nient’affatto. Stanno agendo come animali in gabbia.
E un po’ si vede, no?
La libertà ha proprio un altro odore, nei lupi come negli umani.
A giovedì!
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Questa è una rivelazione fighissima! E anche triste, purtroppo, perché questa del maschio alfa è come quelle fake news che anche una volta debunkate tutti continuano a proporre perché ormai parte del patrimonio culturale condiviso. La parte più vera però è che il maschio alfa si comporta come un animale in gabbia... perché è esattamente così.
Ciao Francesca, questo post è davvero molto interessante ed illuminante e tu ti confermi un mio punto di riferimento per informazione mai scontata, sempre lucida e puntuale. Ti seguo con grande interesse 🙏🏻