Sarà che nella mia vita sono stato fortunato, ma ogni persona femminista che ho incontrato non si approcciava al discorso come invece noto in giro e da racconti degli altri, quindi a me è arrivata sempre l’idea che il femminismo fosse per tutti.
Quando si parla di atteggiamenti “tipici di” si parlava sempre in termini di ruolo di genere, quindi non in termini di determinismo stretto. Per cui nonostante l’enorme backlash degli ultimi anni mi sono sempre sentito a mio agio a definirmi femminista, anzi, molti dubbi ed incoerenze sollevate nel tempo mi hanno portato ad esplorare di più i testi di riferimento per capire l’origine di certe idee e verificare che non fossero travisate, e nonostante non abbiano la risposta a tutto mi sono stati utili ad esplorare l’argomento oltre gli influencer, il discorso pubblico ed in generale la culture war che filtra e manipola.
Per cui mi sento di dire che nonostante il femminismo come targhetta identitaria abbia generato i suoi problemi (ma questa è una questione generale per tutto ciò che viene affrontato in maniera identitaria), mi rivedo con serenità nel femminismo come corrente di pensiero.
Capisco da dove nasce questo discorso e ne condivido le esigenze pratiche, ma ho un po’ paura che semplicemente discostandosi dal discorso femminista identitario si vada a ricadere in altri gruppi altrettanto identitari scartando tutte gli “strumenti utilissimi” menzionati nell’articolo, causando disagi evitabilissimi. Come dico ai miei amici: “tempo 100 anni e reinventeranno la parità di genere”.
Eh, ottima domanda. In realtà sono un grandissimo fan della reinvenzione, solo che a volte mi sembra che spesso manchi la “piattaforma” per iniziare un certo tipo di trasformazione, per cui non vorrei che il bambino venisse buttato fuori con l’acqua della bacinella.
Dico piattaforma perché è il nome che si sono dati i social che sono tutto fuorché una semplice piattaforma dove si può interagire come più si vuole, non offre condizioni ideali.
Con conversazioni ravvicinate fatte su esempi pratici ho sempre scoperto di avere tanti punti in comune con altre persone e di esprimere idee a volte uguali ma utilizzando un linguaggio opposto. Altre volte mi sono accorto che attivisti da un lato e dall’altro fanno la stessa cosa e poi si prendono a capocciate.
Chiaramente non è tutto così semplice ma in molti casi è frustrante vedere il ripetersi di queste dinamiche.
Detto questo, sono d’accordo col discorso in generale, va dato il giusto peso al fatto che spesso l’ascolto e la tolleranza non sono praticati perché non sono mai stati conosciuti, ed ecco, forse è veramente il primo punto da cui partire.
Volevano essere due discorsi distinti. Ci si può allenare a rispondere senza farsi polarizzare e reagisco le frequenti volte in cui sento qualcuno che cerca di riportare tutto alle perfette divisioni M/F. E farlo ripetutamente va oltre il valore antropologico delle differenze maschile/femminile
Perché no? Non è forse, quello del femminismo, un movimento che tende alla liberazione femminile da una condizione sociale di subalternità al maschio dominante? Se mai si possono dare diverse forme di femminismo, ma non se esserlo o meno. E lo dico io che sono un maschio, nato in un periodo in cui le femministe erano normalmente considerate, pure da molte donne, una specie di branco di assatanate, spesso brutte come la fame e perciò invidiose della bellezza delle donne "vere". Il femminismo non è un partito, ma una leva per cambiare le cose, certamente in modo non violento, ma tuttavia deciso. Scalzare un potere, soprattutto se affonda le sue radici in secoli di condizionamenti culturali, richiede comunque una "lotta". Dire poi che ciò che importa è il fine e non il mezzo può generare equivoci, come quello di dover stabilire quale sia veramente il fine e se il mezzo scelto non porti effettivamente da tutt' altra parte.
ciao Francesca, grazie per il tuo contributo che trovo sempre lucido e fuori dal coro.
Volevo sottoscrivere abbonamento premium, ma il link "passa a una versione a pagamento" non mi sembra funzionare.
Se clicco, si apre la pagina nella quale scelgo abbonamento annuo, si apre la pagina del pagamento, inserisco i dati della carta, mi arriva notifica con richiesta di conferma sull'app Nexi che riporta 0€ (perchè? mi sarei aspettata 50€), confermo, e poi non succede più nulla.
Stamattina l'ho rifatto 3 volte, ma non ho ricevuto mail, nè visto movimenti sulla carta, grazie !
Mannaggia! Mi interesserebbe sapere se ci sono altri che stanno avendo questa esperienza... io vedo che finora dal post di oggi ci sono stati 10 nuovi abbonati a pagamento, quindi per qualcuno sta funzionando!
Confermo, non funziona. Continua a propormi l'addebito a 0,00€.
Se servono info io sono già iscritta alla newsletter versione gratuita e sto pagando con carta nexi. Rimango a disposizione se servisse altro per smarcare il problema
Cara Francesca, trovo il tuo approccio di rara costruttività e lucidità. Sono sempre stato convinto della fondamentale equivalenza di uomini e donne, ovvero che ci sono tanti uomini validi quando donne valide e lo stesso per quanto riguarda invece l'incapacità. Non mi sono mai considerato femminista semplicemente perché non credo in una prevalenza di un genere all'altro. Eppure quando mi trovo attaccato “in quanto uomo” da donne femministe “in quando donne” e quindi senza una visione critica sull'argomento ma solo slogan, mi accorgo di scivolare su posizioni più becero. E non necessariamente per paura o per incapacità di argomentare, ma semplicemente per reazione al venire meno alle regole del confronto aperto e sincero. Il problema è che in un era di tifoserie, diventa difficile non ritrovarsi risucchiati nel più classico uomini contro donne, dove conta solo urlare che la propria parte è meglio ed ha sempre ragione. Grazie per i tuoi articoli, spero che tu venga ascoltata da tanto uomini e tante donne.
Ciao Vincenzo, ti ringrazio per le parole gentili che riservi al mio lavoro. C'è da dire che il femminismo non predica la prevalenza di un genere sull'altro, per niente. Però capisco che nella versione social identitaria si abbia questa impressione, che anche io trovo fastidiosa e poco utile. Ma ecco è importante distinguere le cattive interpretazioni di una cosa dalla cosa in sé.
Con l'allenamento ci si riesce, a discutere senza polarizzarsi. Neanche io mi definivo "femminista", ma siccome qualcuno me lo aveva definito come il contrario del patriarcato, lo avevo fatto mio, poco contano i significanti.
Sa invece in cosa ho cominciato a mettermi per traverso? Qualsiasi affermazione, soprattutto provenienti da una donna, che commenti l'azione di una terza persona con "fa sempre così tipico de* [genere di appartenenza]". Il vizio a riportare ogni gesto alla distinzione maschi/femmine è orribilmente capillare, io lo combatto portandolo al cortocircuito
Hai ragione che dovremmo addestrarci a dirlo meno, anche se renderci conto di alcune dinamiche di genere ha reso necessario capire che alcune situazioni sono dettate da quella differenza e non solo dalla differenza tra individui. La mia maestra di danza diceva "il movente cambia tutto". Dunque sono convinta che si possa anche parlare di alcuni comportamenti macro che sono ascrivibili a un genere, ma sarebbe bene farlo per capire, più che per giudicare. Difficilissimo!
"Semplice: se abbiamo costruito la nostra identità sulla lotta e otteniamo ciò per cui abbiamo lottato… perdiamo il senso di chi siamo."
Si tenga a mente che devo abbracciarla
me lo sono segnato!
Benissimo scritto. Argomentato, pensato. Bene assai. P.D.
Grazie Pasquale!
Sarà che nella mia vita sono stato fortunato, ma ogni persona femminista che ho incontrato non si approcciava al discorso come invece noto in giro e da racconti degli altri, quindi a me è arrivata sempre l’idea che il femminismo fosse per tutti.
Quando si parla di atteggiamenti “tipici di” si parlava sempre in termini di ruolo di genere, quindi non in termini di determinismo stretto. Per cui nonostante l’enorme backlash degli ultimi anni mi sono sempre sentito a mio agio a definirmi femminista, anzi, molti dubbi ed incoerenze sollevate nel tempo mi hanno portato ad esplorare di più i testi di riferimento per capire l’origine di certe idee e verificare che non fossero travisate, e nonostante non abbiano la risposta a tutto mi sono stati utili ad esplorare l’argomento oltre gli influencer, il discorso pubblico ed in generale la culture war che filtra e manipola.
Per cui mi sento di dire che nonostante il femminismo come targhetta identitaria abbia generato i suoi problemi (ma questa è una questione generale per tutto ciò che viene affrontato in maniera identitaria), mi rivedo con serenità nel femminismo come corrente di pensiero.
Capisco da dove nasce questo discorso e ne condivido le esigenze pratiche, ma ho un po’ paura che semplicemente discostandosi dal discorso femminista identitario si vada a ricadere in altri gruppi altrettanto identitari scartando tutte gli “strumenti utilissimi” menzionati nell’articolo, causando disagi evitabilissimi. Come dico ai miei amici: “tempo 100 anni e reinventeranno la parità di genere”.
Ma secondo te reinventare la parità di genere è una cosa brutta o bella?
Eh, ottima domanda. In realtà sono un grandissimo fan della reinvenzione, solo che a volte mi sembra che spesso manchi la “piattaforma” per iniziare un certo tipo di trasformazione, per cui non vorrei che il bambino venisse buttato fuori con l’acqua della bacinella.
Dico piattaforma perché è il nome che si sono dati i social che sono tutto fuorché una semplice piattaforma dove si può interagire come più si vuole, non offre condizioni ideali.
Con conversazioni ravvicinate fatte su esempi pratici ho sempre scoperto di avere tanti punti in comune con altre persone e di esprimere idee a volte uguali ma utilizzando un linguaggio opposto. Altre volte mi sono accorto che attivisti da un lato e dall’altro fanno la stessa cosa e poi si prendono a capocciate.
Chiaramente non è tutto così semplice ma in molti casi è frustrante vedere il ripetersi di queste dinamiche.
Detto questo, sono d’accordo col discorso in generale, va dato il giusto peso al fatto che spesso l’ascolto e la tolleranza non sono praticati perché non sono mai stati conosciuti, ed ecco, forse è veramente il primo punto da cui partire.
Come è composta la tua dieta mediatica ? Bella domanda.
Io ci rifletto un sacco, e cerco di fare attenzione quando vedo che c'è troppo junk o rumore intorno a me
Volevano essere due discorsi distinti. Ci si può allenare a rispondere senza farsi polarizzare e reagisco le frequenti volte in cui sento qualcuno che cerca di riportare tutto alle perfette divisioni M/F. E farlo ripetutamente va oltre il valore antropologico delle differenze maschile/femminile
Perché no? Non è forse, quello del femminismo, un movimento che tende alla liberazione femminile da una condizione sociale di subalternità al maschio dominante? Se mai si possono dare diverse forme di femminismo, ma non se esserlo o meno. E lo dico io che sono un maschio, nato in un periodo in cui le femministe erano normalmente considerate, pure da molte donne, una specie di branco di assatanate, spesso brutte come la fame e perciò invidiose della bellezza delle donne "vere". Il femminismo non è un partito, ma una leva per cambiare le cose, certamente in modo non violento, ma tuttavia deciso. Scalzare un potere, soprattutto se affonda le sue radici in secoli di condizionamenti culturali, richiede comunque una "lotta". Dire poi che ciò che importa è il fine e non il mezzo può generare equivoci, come quello di dover stabilire quale sia veramente il fine e se il mezzo scelto non porti effettivamente da tutt' altra parte.
Però io non dico che "ciò che importa è il fine e non il mezzo" nel mio pezzo...
ciao Francesca, grazie per il tuo contributo che trovo sempre lucido e fuori dal coro.
Volevo sottoscrivere abbonamento premium, ma il link "passa a una versione a pagamento" non mi sembra funzionare.
Se clicco, si apre la pagina nella quale scelgo abbonamento annuo, si apre la pagina del pagamento, inserisco i dati della carta, mi arriva notifica con richiesta di conferma sull'app Nexi che riporta 0€ (perchè? mi sarei aspettata 50€), confermo, e poi non succede più nulla.
Stamattina l'ho rifatto 3 volte, ma non ho ricevuto mail, nè visto movimenti sulla carta, grazie !
Mannaggia! Mi interesserebbe sapere se ci sono altri che stanno avendo questa esperienza... io vedo che finora dal post di oggi ci sono stati 10 nuovi abbonati a pagamento, quindi per qualcuno sta funzionando!
Confermo, non funziona. Continua a propormi l'addebito a 0,00€.
Se servono info io sono già iscritta alla newsletter versione gratuita e sto pagando con carta nexi. Rimango a disposizione se servisse altro per smarcare il problema
Se vuoi riprovo ora, e ti faccio sapere se per caso funziona
Cara Francesca, trovo il tuo approccio di rara costruttività e lucidità. Sono sempre stato convinto della fondamentale equivalenza di uomini e donne, ovvero che ci sono tanti uomini validi quando donne valide e lo stesso per quanto riguarda invece l'incapacità. Non mi sono mai considerato femminista semplicemente perché non credo in una prevalenza di un genere all'altro. Eppure quando mi trovo attaccato “in quanto uomo” da donne femministe “in quando donne” e quindi senza una visione critica sull'argomento ma solo slogan, mi accorgo di scivolare su posizioni più becero. E non necessariamente per paura o per incapacità di argomentare, ma semplicemente per reazione al venire meno alle regole del confronto aperto e sincero. Il problema è che in un era di tifoserie, diventa difficile non ritrovarsi risucchiati nel più classico uomini contro donne, dove conta solo urlare che la propria parte è meglio ed ha sempre ragione. Grazie per i tuoi articoli, spero che tu venga ascoltata da tanto uomini e tante donne.
Ciao Vincenzo, ti ringrazio per le parole gentili che riservi al mio lavoro. C'è da dire che il femminismo non predica la prevalenza di un genere sull'altro, per niente. Però capisco che nella versione social identitaria si abbia questa impressione, che anche io trovo fastidiosa e poco utile. Ma ecco è importante distinguere le cattive interpretazioni di una cosa dalla cosa in sé.
Con l'allenamento ci si riesce, a discutere senza polarizzarsi. Neanche io mi definivo "femminista", ma siccome qualcuno me lo aveva definito come il contrario del patriarcato, lo avevo fatto mio, poco contano i significanti.
Sa invece in cosa ho cominciato a mettermi per traverso? Qualsiasi affermazione, soprattutto provenienti da una donna, che commenti l'azione di una terza persona con "fa sempre così tipico de* [genere di appartenenza]". Il vizio a riportare ogni gesto alla distinzione maschi/femmine è orribilmente capillare, io lo combatto portandolo al cortocircuito
Hai ragione che dovremmo addestrarci a dirlo meno, anche se renderci conto di alcune dinamiche di genere ha reso necessario capire che alcune situazioni sono dettate da quella differenza e non solo dalla differenza tra individui. La mia maestra di danza diceva "il movente cambia tutto". Dunque sono convinta che si possa anche parlare di alcuni comportamenti macro che sono ascrivibili a un genere, ma sarebbe bene farlo per capire, più che per giudicare. Difficilissimo!