[BEST OF] Non dirlo a papà
Perché proteggiamo i padri da informazioni che potrebbero farli soffrire? E che c'entra questo con la manipolazione?
Benvenuti nella versione estiva di Maschi del Futuro, in cui vi ripropongo alcuni degli episodi usciti nell’ultimo anno e mezzo. Il numero che leggete qui sotto è del 22 Febbraio del 2024.
Di questo episodio esiste anche una versione audio, eccola qui.
Chi ha letto il mio memoir, Ho un fuoco nel cassetto, sa che ho avuto un padre decisamente poco ‘patriarcale’. I miei genitori non si sono mai tenuti segreti di alcun tipo, eppure, la sera in cui confessai a mia madre la mia prima relazione con una donna le dissi: “Non dirlo a papà”.
Non so perché le feci questa richiesta. Forse pensai che mio padre non fosse pronto a gestire una notizia del genere. Forse avevo appreso dal contesto in cui sono cresciuta che i padri andassero “protetti” da un certo tipo di informazioni.
Per fortuna, però, mia madre disse tutto a mio padre. Lui la mattina successiva venne da me che piangevo e mi disse che per lui non era cambiato nulla, che mi voleva bene e me ne avrebbe sempre voluto.
Se mia madre avesse tenuto quel segreto, avrebbe privato me e lui di un momento di connessione profonda che ha avuto importanti ripercussioni nel modo in cui il nostro rapporto si è evoluto.
Nonostante il fatto che la mia sia una storia a lieto fine, mi è capitato molto spesso di parlare con amici e amiche che, con la complicità delle proprie madri, non includono i padri nei dettagli di vite affettive che temono potrebbero turbarli.
Mi sono fatta l’idea che esistano due principali ragioni per tenere un padre all’oscuro di qualcosa:
Per evitare che soffra
Per evitare che si arrabbi e che la madre o i figli debbano trovarsi a gestire una reazione difficile da controllare*
In entrambi i casi, l’aspettativa nei confronti di un uomo adulto è che non abbia gli strumenti per elaborare in modo costruttivo un momento di stress emotivo.
In entrambi i casi, la strategia che si sceglie di mettere in campo è la manipolazione.
Perché togliere a un uomo la libertà di scelta, anche se è la libertà di fare una scelta sbagliata, è manipolarlo, come se fosse un burattino e non una persona.
Madeleine d’Engle, autrice del meraviglioso libro per ragazzi “A wrinkle in time”
“Ma come manipolazione? Io l’ho fatto per il suo bene”
Anche nei casi in cui omettiamo una informazione per “proteggere” la persona che abbiamo accanto da un dolore, tenere un segreto la priva di un pezzo della sua libertà, di una occasione di connessione umana, e dunque della possibilità di crescere.
I segreti che tante madri hanno tenuto e tengono per noi, infatti, scavano un fossato tra noi e i nostri padri, e negli anni ci allontanano più che avvicinarci, lasciandoci spesso una grande amarezza, e il senso di aver sprecato qualcosa di prezioso.
Trovare il modo di comunicare, a volte, vuol dire andare incontro alla bufera. Vuol dire andare incontro al conflitto, alla rabbia, alle lacrime… vuol dire accettare la possibilità che la persona che abbiamo davanti non si mostri all’altezza della sfida che si sta affrontando - ma vuol dire anche dare a chi abbiamo davanti la possibilità di crescere insieme a noi, di stupirci.
Molte volte ci raccontiamo che “teniamo buona” la persona che abbiamo davanti per amor suo. Ma se guardiamo dentro di noi con maggiore onestà, potremmo accorgerci che lo facciamo perché non accettiamo l’idea di non poter controllare quello che accadrà, e questo - in quanto umani - ci terrorizza.
Far sentire l’altr* al sicuro quando ci dice cose che non vorremmo sentire è una nostra responsabilità
Per quanto riguarda gli uomini, è necessario fare in modo che le persone intorno a noi si sentano al sicuro quando ci dicono cose che non vorremmo sentire. Quindi è necessario sganciarsi da quella interpretazione tossica della maschilità che vede la velocità di reazione come un valore.
Nella cultura patriarcale, il maschio non si ferma a pensare, a valutare le conseguenze, a scandagliare ciò che sta provando. Il maschio agisce.
Se mi viene detto che una donna che amo ha ricevuto un’offesa, il mio compito di maschio è la guerra. E più veloce e definitiva sarà la mia reazione, più avrò dimostrato di essere maschio.
Se mi viene detto che mio figlio è gay, il mio compito è proteggere dalla (presunta) ignominia lui, me stesso e la mia famiglia e spesso sarò così accecato dalla vergogna che qualcuno possa pensare che non ho fatto abbastanza, che distruggerò la mia vita e quella di chi amo pur di difendere il mio onore.
Discernere il modo specifico in cui queste forze operano in noi e danno forma alla nostra visione di noi stessi e del mondo è fondamentale per liberarci.
Il patriarcato si fonda su un patto
Nel bellissimo libro Perché il patriarcato persiste, Carol Gilligan e Naomi Snider offrono una risposta interessante: il patriarcato continua a esistere perché assolve a una funzione psicologica. È sostanzialmente la ricetta che abbiamo trovato per provare a difenderci dal dolore della perdita che caratterizza la vita umana.
Il patriarcato ci protegge (o meglio ci dà l’illusione di proteggerci) da quella vulnerabilità che ci fa così paura e alla quale, in quanto essere viventi, siamo irrimediabilmente esposti.
Nello schema patriarcale, gli uomini devono alle donne continuità economica, a qualsiasi costo. E le donne, devono dare agli uomini continuità emotiva, a qualsiasi costo.
Entrambe le promesse generano a cascata una serie enorme di problemi, che in larga parte hanno dato forma alla nostra società per come la conosciamo.
Rompere il patto patriarcale vuol dire aprirsi all’incertezza, alla vulnerabilità intrinseca nella condizione umana e costruire relazioni che ci consentano di esplorare la vita per quella che è, e non per quella che vorremmo che fosse.
La crisi che stiamo affrontando deriva dal fatto che è sempre più lampante come questa divisione netta dei compiti abbia smesso di funzionare. Ci stiamo stancando di tenere in piedi la finzione, di recitare dei ruoli che ci appaiono sempre più grotteschi.
Quei papà che danno ai propri figli la continuità affettiva che non hanno ricevuto dai loro padri, stanno rompendo un pezzo della cinghia di distribuzione del patriarcato.
Rimuovere gli enormi ostacoli che separano le donne dal mondo del lavoro assolve alla stessa funzione: libera, in un colpo solo, gli uni e le altre. Per questo è così importante.
La transizione è piena di frizioni, contraddizioni, sbandate… e bisogna essere consapevoli che questo fa parte del viaggio.
Nessuno sa esattamente quale sia la meta, e forse è questo che rende questo un viaggio entusiasmante, purché coltiviamo in noi la pazienza e il coraggio di farlo insieme.
A giovedì!
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Mia madre, al contrario, ha usato "Lo dico a tuo padre!" come deterrente per risolvere situazioni educative e di rapporti fra me e mio fratello che le stavano sfuggendo di mano (e in media erano il 99% dei casi, stante il modello educativo "Perché lo dico io e basta").
Sempre più spesso provo ad immaginare quei due ragazzi che sono stati i miei genitori , una donna ed un uomo totalmente privi di supporti per costruirsi, svilupparsi e viversi come "genitori", con nessuna esperienza affettiva e sessuale (informazioni ricavate centellinando 51 anni di frasi, racconti, aneddoti ecc) che hanno provato prima a fare il marito e la moglie all'inizio degli anni '70 e quasi subito dopo la madre e il padre. Con esiti, in entrambi i casi, pessimi.
Col tempo sto comprendendo che questa catena karmica, i cui esiti nefasti continuano ancora oggi, posso troncarla vedendo la loro totale, nuda ed assoluta umanità, senza sovrastrutture o analisi sociali, psicologiche ecc.; e accettando, non verbalmente o razionalmente ma nel profondo del cuore, dove tutto è incredibilmente più denso, contorto, contraddittorio e impenetrabile, che è andata così. E che, in definitiva, non saprò mai cos'hanno provato, sentito, vissuto ma di sicuro non erano pace, serenità, equilibrio, gioia, senso di supporto e amore sano. Tocca a me, adesso, coltivare queste qualità, non privarmene e non privarne anche loro :-)
É incredibile quanto una cosa che da piccoli reputavamo così normale (non lo diciamo a papà, un classico da sempre) nasconda così tanto. A casa mia lo si faceva "perché senó papà si arrabbia". E sono sicuro che mia madre davvero credesse fosse tutto li. Premesso che le arrabbiature di mio padre non le auguro a nessuno, l'effetto sortito in me é stata una paura enorme. E più, nell' illusione di proteggermi, si impediva all oggetto della mia paura di esistere, più la paura cresceva...