#41 Il suicidio è un fenomeno che riguarda soprattutto i maschi
Forse non lo sapevate, ma il 78.8% dei suicidi in Italia è un maschio. Per arginare questo fenomeno, diverse organizzazioni hanno creato campagne di sensibilizzazione sulla salute mentale maschile.
Negli ultimi giorni sono stata molto scossa dalla notizia del ragazzo di 15 anni che si è tolto la vita a Senigallia. Del ragazzo si sa che era stato vittima di bullismo da parte di alcuni suoi compagni di scuola, e si sa che la Procura di Ancona ha aperto un’inchiesta per istigazione al suicidio.
Dico che del ragazzo “si sa” questo, perché nessuno di noi può mai concludere con certezza quale sia la ragione per cui un altro essere umano si toglie la vita, e perché dovremmo imparare ad essere molto più delicati quando parliamo di questi temi, senza dare per scontate delle concatenazioni di causa-effetto che spesso sono superficiali, e perfino deleterie per chi legge.
È evidente che il bullismo è un problema gigantesco, ma in questo post non parleremo di bullismo. Per una ragione molto semplice (anche se ignorata da molti media): quando si parla di suicidio, e in particolare del suicidio di un adolescente, si entra in un campo minato ed esistono delle linee guida precise da seguire per evitare l’effetto “contagio”. Tra queste:
Non si riporta il modo in cui qualcuno si è tolto la vita.
Non si semplifica la storia dicendo “si è ammazzato perché era successo x”. Le cose non sono mai così semplici. X è una circostanza che magari molte altre persone stanno attraversando nel momento in cui leggono il nostro articolo, ad alcune delle quali potrebbe arrivare il messaggio che quella è l’unica via di uscita da X.
Prima di andare avanti voglio dirvi una cosa importante: se state pensando di farvi del male non abbiate vergogna o esitazioni nel chiamare il telefono amico che trovate al +39 324 011 7252 (anche su Whatsapp). Le vie di uscita esistono, anche quando sono invisibili o quando ci sembrano impossibili, e parlare con qualcuno può aiutarci a identificarle.
Non parleremo dunque di bullismo in questo episodio.
La violenza degli uomini contro se stessi
Negli ultimi anni abbiamo parlato molto della violenza degli uomini contro gli altri (e soprattutto contro le altre), ma non abbiamo parlato quasi mai della violenza degli uomini contro se stessi.
58.000 persone si suicidano all’anno nella sola Europa, mentre i tentativi di suicidio si stima siano 20 volte questo numero. I maschi si suicidano in maniera sproporzionatamente alta: dalle 4 alle 5 volte più delle femmine. Al contrario, però, le femmine tentano il suicidio leggermente di più degli uomini. Questo fenomeno della differenza di genere tra suicidi e tentativi di suicidio è chiamato “paradosso di genere del comportamento suicidario”.
Il paradosso di genere del comportamento suicidiario è legato al fatto che, tendenzialmente, i maschi scelgono dei metodi più violenti per togliersi la vita.
Non si tratta di un fenomeno soltanto europeo. Il grafico qui sotto mostra i dati degli Stati Uniti relativi alle morti per suicidio fra ragazzi e ragazze tra i 10 e i 24 anni fra il 2007 e il 2021.
Il grafico qui sopra mostra come il tasso di suicidio sia in crescita sia per gli uomini che per le donne, e mostra che per gli uomini questa crescita è decisamente più significativa. Gli Stati Uniti sono il Paese con il più alto tasso di suicidio tra i maschi: l’incidenza statistica è di 15.5 maschi morti per suicidio su 100,000. Il tasso di suicidio per le donne è meno della metà.
Com’è la situazione in Italia?
Fra i diversi Paesi europei, l’Italia è tra quelli con una percentuale più bassa di suicidi. Eppure, anche qui da noi gli uomini sono dalle 4 alle 5 volte più a rischio delle donne di morire suicidi.
Questo è ciò che riporta l’Istituto Superiore della Sanità:
Quasi l’80% dei morti per suicidio sono uomini, con un rapporto di genere (uomini/donne) che è andato aumentando linearmente nel tempo, passando da 2,1 nel 1980 a 3,6 nel 2016. I tassi di mortalità per suicidio sono più elevati tra gli anziani, ma è tra i giovani che il suicidio è, analogamente a quanto si registra a livello mondiale, una delle prime cause di morte con una grande differenza nei livelli di mortalità tra ragazzi e ragazze.
Il trend storico del tasso di mortalità per suicidio mostra per l’Italia una riduzione a partire dalla metà degli anni Ottanta che si accentua, soprattutto per gli uomini, nella seconda metà degli anni Novanta. Tuttavia, dopo il minimo storico raggiunto negli anni 2006 e 2007, questa tendenza alla riduzione ha subito un arresto. Nel 2008, anno in cui cominciano a farsi manifesti gli effetti della crisi economico-finanziaria, analogamente a quanto osservato in altri Paesi europei e negli Stati Uniti, anche in Italia il tasso comincia ad aumentare tra gli uomini nelle classi di età centrali (tra i 25-30 anni e i 65-69 anni).
L’ISS afferma che il suicidio è il risultato dell’interazione di diversi fattori: genetici, biologici, individuali e ambientali. Di conseguenza, la prevenzione non è una questione solo sanitaria: riguarda il contesto economico, relazionale, e sociale del soggetto.
Vale la pena di ricordare che il suicidio è la prima causa di morte nelle carceri italiane.
Il ruolo degli schermi nel disagio giovanile
Negli Stati Uniti, è nato un movimento molto importante per limitare in modo significativo il tempo che bambini e ragazzi passano davanti allo schermo.
Ne sentiamo l’eco anche in Italia, dove iniziamo a parlare di divieti dell’utilizzo dello smartphone a scuola.
Il campanello d’allarme è suonato a causa delle ormai molteplici ricerche che dimostrano come l’uso dei social e il tempo passato a giocare ai videogames abbiano causato l’alienazione di moltissimi ragazzi, che hanno completamente rinunciato a esperienze di socialità “di persona” e che sono stati completamente risucchiati dal richiamo dello schermo.
C’è una newsletter proprio qui su Substack che è uno degli epicentri di questa campagna e che seguo da quando mi sono affacciata su questa piattaforma, ha 100.000 iscritti e si intitola After Babel.
Il libro di riferimento per chi chiede una revisione significativa del modo in cui cresciamo i nostri ragazzi si intitola La generazione ansiosa di Jonathan Haidt, ed è uscito un mesetto fa in italiano.
Anche nel tempo trascorso davanti agli schermi c’è una differenza di genere: ragazze e ragazzi trascorrono la stessa quantità di tempo ogni giorno in media. Eppure, le ragazze fanno del loro screen time un uso molto più “sociale”, mentre i maschi tendono maggiormente all’isolamento. È una delle cose interessanti di cui parla Ruth Whippman nel suo libro Boymom: Reimagining Boyhood in the Age of Impossible Masculinity (trovi l’intervista a Ruth in questo episodio di Maschi del Futuro).
Purtroppo, nelle dichiarazioni di molti politici italiani che stanno parlando del tema, si sente l’eco di una interpretazione punitiva del ruolo degli educatori. Non come qualcuno che cerca di creare le condizioni per cui i ragazzi abbiano una vita sociale più ricca, ma come un poliziotto penitenziario che deve esercitare la disciplina nel modo più severo possibile, senza occuparsi di capire perché e senza soffermarsi a pensare quale sia il gesto di cura che dovrebbe essere al cuore di ogni azione disciplinare.
L’incapacità di comunicare il proprio disagio è un grosso fattore di rischio per gli uomini
L’organizzazione britannica Man Down ha da poco lanciato una campagna incredibilmente potente per aiutare gli uomini a prendere sul serio la propria salute mentale.
Nella campagna si vede un uomo che ha quella che sembra una bella vita, una bella famiglia… chiudersi progressivamente, fino a sparire.
Purtroppo, nell’educazione maschile chiedere aiuto è ancora codificato come un segnale di debolezza, e moltissimi uomini fanno fatica a chiedere indicazioni stradali… figuriamoci a cercare aiuto per la propria salute mentale.
Ma questa cultura l’abbiamo creata noi umani, e noi umani possiamo cambiarla.
La capacità di auto-osservazione e il coraggio di chiedere aiuto vanno insegnati ai bambini fin da piccoli, perché - esattamente come guardare prima di attraversare la strada - sono abitudini che hanno il potere di salvarci la vita. (Avete letto “Il Pianeta della Giungla Magica” su Storie Spaziali per Maschi del Futuro?)
Ogni volta che tocchiamo un’altra persona, tocchiamo noi stessi
La mia insegnante di danza, Raffaella Giordano, diceva che ogni volta che tocchiamo un altro, tocchiamo noi stessi. Nella violenza che riversiamo sugli altri c’è sempre un tentativo di autodistruzione. Nella cura che abbiamo per gli altri, c’è sempre cura anche per noi stessi.
Il patriarcato va superato perché è un sistema patologizzante.
Il sistema che fa credere agli uomini che staranno bene solo se riescono a tenere in ostaggio una donna, è lo stesso che fa credere loro di non poter essere amati né sopportati in un momento di fragilità, o di sconforto.
Violenza maschile e suicidio sono due facce della stessa medaglia.
L’illusione dell’invulnerabilità
I modelli ai quali ci siamo ispirati finora per “diventare uomini” hanno costretto i maschi piccoli e grandi a convivere con una dolorosissima e disumana illusione: quella dell’invulnerabilità.
Ho sentito l’autore Erwin McManus dire che quando sei ferito usi la rabbia per non sentire il dolore. Quando sei arrabbiato, infatti, non ti senti debole, ma forte: la rabbia ti consente di nascondere (agli altri e a te stesso) la tua vulnerabilità, perché riversa sulla persona che ti ha ferito l’intera responsabilità del tuo stato d’animo.
Credo sia molto vero, e credo che questa sia la ragione per cui - come società - la rabbia sia così accettata quando è espressa dagli uomini, anche in forme estremamente distruttive.
Si tratta, però, di una strategia di gestione del dolore che funziona fino a un certo punto. Oltre quel punto… causa esplosioni o implosioni, con conseguenze catastrofiche per i singoli, le famiglie, e la società intera.
Se vogliamo lasciarci alle spalle la cultura della violenza, il lavoro sull’emotività maschile e l’allargamento delle maglie di ciò che chiamiamo ‘essere maschi’ non è più rimandabile.
È un lavoro che devono fare gli uomini, ma non soltanto loro.
Noi donne siamo cresciute con determinate aspettative nei confronti degli uomini, e sta a noi renderci conto di come queste aspettative vanno analizzate, messe in discussione e in alcuni casi prese, e messe da parte.
A volte non parliamo perché non sappiamo cosa dire.
Altre volte perché non abbiamo la certezza che qualcuno voglia ascoltarci.
A volte non parliamo perché pensiamo che nominare certi pensieri li renda più reali, non parliamo perché pensiamo che solo tenendo dentro quelle parole possiamo mantenere il controllo.
Si può cominciare a parlare anche se non si sa bene cosa dire.
Si può cercare qualcuno che abbia voglia di ascoltarci, anche se non è la persona che avevamo in mente.
Si può scoprire che le parole non dette controllano la nostra vita molto di più di quelle che abbiamo avuto il coraggio di pronunciare.
Per oggi è (quasi) tutto.
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Cosa dicono i media di “Storie Spaziali per Maschi del Futuro”?
“Questa raccolta offre ai bambini una nuova e più salutare prospettiva su cosa significhi essere maschi oggi.”
Adele Sarno su Huffington Post
“È un libro che parte dallo spazio, ma mira a cambiare la nostra cara e vecchia Terra.”
Giulia Scolari su Donna Moderna
“Sono fiabe nuove che parlano ai giovanissimi con l’intento di fornire le chiavi per costruire un mondo migliore, prima di tutto paritario e libero dal patriarcato. Una battaglia questa che Francesca Cavallo non ha mai smesso di combattere, sin dai tempi delle Bambine ribelli.”
Ilaria Zaffino su Repubblica
“Può sembrare assurdo, ma nel mondo dei libri per l'infanzia non esistevano fino a oggi fiabe che mettessero a fuoco questi temi dalla prospettiva dei bambini maschi.”
Gaetano Moraca su Corriere Style
Se avete letto il libro, mi raccomando lasciate una bella recensione su Amazon. E raccomandatelo ai vostri amici e parenti. È MOLTO importante perché aiuta molto il libro ad essere scoperto anche da chi (ancora) non segue questa newsletter.
Mi auguro che questo episodio vi abbia dato degli spunti di riflessione interessanti. Se avete voglia di ascoltare la presentazione di Storie Spaziali per Maschi del Futuro con Francesca Fiore di Mammadimerda, la trovate sul mio profilo Instagram.
A giovedì!
PS: Fra due settimane, inizierò a pubblicare le storie dell’audiolibro (video e audio) nella sezione riservata agli abbonati premium di questa newsletter. L’abbonamento premium vi dà accesso, oltre che a questi contenuti extra, all’intero archivio di Maschi del Futuro.
Prossimi Eventi
BOLOGNA, 29 Ottobre ore 20.30 Oratorio San Filippo Neri
FONTANELICE, 30 Ottobre ore 15:30, Biblioteca
FORLÌ, 30 Ottobre ore 20, collettivo femminista Monnalisa
BRUXELLES, 9 Novembre ore 15, Piola Libri
ROMA, 13 Novembre ore 14, Senato della Repubblica - Verso il 25 Novembre, Il Ruolo degli Uomini: conferenza stampa e presentazione di Storie Spaziali per Maschi del Futuro con Sen. Filippo Sensi (PD), Sen. Ivan Scalfarotto (IV), Sen. Marco Lombardo (AZ), e On. Riccardo Ricciardi (M5S). Accesso solo su invito. Per accrediti stampa scrivere a:
Grazie al supporto dei Presìdi del Libro, faccio un tour nella mia Puglia!
BARI, 15 Novembre
CONVERSANO, 16 Novembre
ALBEROBELLO, 17 Novembre
GRAVINA DI PUGLIA, 18 Novembre
NARDÒ, 19 Novembre
LIZZANO (TA), 20 Novembre
Poi torno al Nord:
PADERNO DUGNANO, 22 Novembre ore 18
MILANO, 23 Novembre ore 20.30, Teatro Litta
Grazie come sempre di queste riflessioni... Volevo dirti due cose. La prima è che stiamo centellinando Storie spaziali per maschi del futuro perché... abbiamo scelto un metodo di fruizione completamente diverso. Mio figlio ha 11 anni e non ha più l'età adatta per le storie della buonanotte, perciò abbiamo ribaltato la situazione e abbiamo creato dei momenti serali in famiglia in cui è lui che legge a noi le tue fiabe, per "farci addormentare". Ed è molto rigoroso nel dirci che non vuole che leggiamo il libro da soli finché non ci ha letto lui tutte le fiabe 😅
L'altra cosa che ti volevo dire è che parlando della rabbia maschile come anestetico, mi hai fatto pensare a questo film indiano che ho visto da poco, "KILL", e a come la cultura machista hindi sia comunque differente dalla nostra. Ovviamente è un film d'azione, botte e ammazzamenti, però... persino i "cattivi" si emozionano, piangono, si prendono cura gli uni degli altri e insomma è uno stranissimo equilibrio maschile tra aggressività e cura dell'altro che da noi non si vede mai e che fa strano. E niente, buona giornata.
Bello tema interessante, ne parlano troppo poco secondo me in Italia 🙌🏼 l'unica cosa non sono molto d'accordo che sia la stessa medaglia della violenza, non per forza uno con tendenza suicidaria è violento