#33 Da cosa è partito tutto questo, e l'annuncio spaziale che vi avevo promesso
Il numero in cui vi rivelo una cosa bella che sta per arrivare nelle vostre case
Benvenuti e benvenute a chi si è unito a questa newsletter negli ultimi quindici giorni, sono molto felice che siate qui. A tutti gli altri: mi siete mancati. Mi auguro che siate riusciti a ritagliarvi qualche giorno di riposo, e magari che siate ancora in vacanza. Io sono rientrata nel mio studio, e - come vi avevo promesso - oggi torno nelle vostre caselle per dirvi una cosa importante che riguarda questo progetto, una cosa grande che sta per accadere.
Dal 2016, anno in cui uscì Good Night Stories for Rebel Girls (‘Storie della Buonanotte per Bambine Ribelli’), ci fu una domanda che mi venne fatta alle presentazioni in giro per il mondo, sui social media, insomma in ogni modo e luogo possibile da moltissimi dei genitori che incontravo, e quella domanda era:
E I MASCHI?
Accoglievo questa domanda come una provocazione (in certi casi lo era), e rispondevo con fastidio. Pensavo:
Ma è possibile che non possiamo avere UN c..zo di libro senza che vi offendiate?
E mi scrollavo di dosso quella domanda giudicandola nient’altro che una polemica gratuita, velenosa, e inutile.
Negli anni, di polemiche di questo tipo ne ho incontrate tante, ma quella domanda… in qualche modo mi rimaneva impigliata addosso.
E I MASCHI?
È una domanda difficile a cui offrire una risposta. Perché viviamo in un mondo in cui, ancora oggi, i maschi detengono la stragrande maggioranza del potere politico, economico, religioso. In cui la violenza di genere è un fenomeno epidemico. In cui, insomma, la risposta più semplice è
“Ma i maschi cosa? Non ne abbiamo già abbastanza? I maschi basta!”
Per diversi anni, per me, questa risposta è stata abbastanza. Sono riuscita a mettere da parte la questione. Ho pensato che non mi riguardasse, e poi molto semplicemente, non avevo tempo di trovarne un’altra: avevo le mie cose da fare, i miei traguardi da raggiungere e non volevo certo sprecare ore preziose della mia vita per pensare… ai maschi.
Poi, due anni fa, ho avuto un problema di salute che mi ha regalato una enorme quantità di tempo che ho trascorso da sola. E così ho scelto di dedicare quel tempo per provare a dare una risposta diversa a quella domanda fastidiosa, perché il fastidio ci segnala sempre che qualcosa è importante, e perché quella domanda era diventata un sussurro, ma non mi aveva mai abbandonato...
Pian piano, mi sono resa conto che molti dei genitori che mi avevano fatto quella domanda non lo avevano fatto per fare polemica, ma perché erano alla ricerca di modelli alternativi da offrire ai propri figli maschi, ma guardandosi intorno non trovavano molte alternative.
Dovevo trovare il modo di superare quella sensazione di ostilità, di diffidenza, se volevo approcciarmi a quella domanda con il cuore aperto.
E I MASCHI?
Mi sono chiesta che cosa mi aveva ferito di più quando non ero riuscita a comunicare ad alcuni degli uomini con cui mi ero confrontata l’impatto negativo che il sessismo ha nelle nostre vite. Due cose in particolare mi fanno e mi hanno fatto soffrire: la mancanza di compassione, e la diffidenza.
Nessun uomo ha il potere, da solo, di porre fine a quei limiti odiosi con i quali ci scontriamo ogni giorno, ma ogni uomo ha il potere di provare compassione per chi gli racconta che continua a sbattere contro un muro, ha il potere di fidarsi anche se il racconto di chi ha davanti non coincide con la sua personale percezione della realtà.
Quello che mi ha fatto più male, che ha generato in me sentimenti di maggiore ostilità è stata negli anni proprio quell’incapacità così diffusa di ascolto, di apertura empatica, di condivisione.
Ecco, quella era la radice del dolore che c’era sotto la mia rabbia. Sotto la mia ostilità. Ma adesso che potevo farci con questo sentimento?
Avevo, per la prima volta nella mia vita, il tempo di fare un esperimento radicale.
Questo era il privilegio che mi stava offrendo il mio corpo ammaccato, e volevo farne il miglior uso possibile. Così ho scritto un progetto molto semplice:
Non posso costringere quegli uomini che mi hanno ferito a provare compassione per me. Ma forse posso trovare in me quella compassione e quella fiducia che avrei voluto vedere in loro.
È stato come indossare una maschera dell’ossigeno e prepararmi per una immersione a una profondità a cui non ero mai scesa. L’agitazione del dibattito, il caos dei botta e risposta, le gare di arguzia, la necessità costante di segnalare da che parte siamo… hanno fatto spazio
al silenzio,
alla solitudine,
alla lentezza,
ad una pace profonda.
Quando scrissi Storie della Buonanotte per Bambine Ribelli ero partita da una convinzione: le bambine non sono meno ambiziose, meno interessate alla leadership, meno competitive dei maschi… siamo noi che trasmettiamo loro una cultura della subalternità, per poi chiamarla ‘natura’.
E I MASCHI?
È possibile che per quanto riguarda loro ci sia un meccanismo simile? Che non siano ‘naturalmente’ meno empatici, o più aggressivi, ma che siamo noi a trasmettergli una cultura dell’apatia come unico modo per onorare la propria mascolinità?
Se sono partita dall’apertura quando ho scritto per le bambine, perché dovrei negare quella stessa apertura e quella volontà di supporto ai miei piccoli lettori maschi?
Lo studio delle fiabe aveva giocato un ruolo cruciale nella creazione di Bambine Ribelli. Mi aveva suggerito quali erano i modi in cui la cultura della subalternità femminile si era fatta strada nei contenuti per l’infanzia. Lo studio delle fiabe mi aveva indicato nelle principesse che sognano il matrimonio invece che la realizzazione di un progetto di vita proprio quali erano le piante che dovevo provare a sradicare...
E I MASCHI?
Due anni fa, ho scelto di tornare sul luogo del delitto… questa volta non per passare ai raggi x i personaggi femminili, ma quelli maschili.
Ho scoperto che i maschi delle fiabe non sono liberi come pensavo, e che della loro vita interiore spesso non sappiamo nulla. Non sappiamo cosa provi il principe azzurro quando si sposa, né come si senta il padre di Biancaneve quando viene costretto a separarsi dalla sua unica figlia dopo essere rimasto vedovo. Non sappiamo se hanno conflitti con le proprie famiglie di origine (un tema invece molto presente per i personaggi femminili).
Il ruolo dei maschi nelle fiabe è principalmente uno: conservare l’integrità del regno - e poco importa se nel processo perdono la propria.
Fra i pochissimi personaggi famosi delle fiabe classiche di cui conosciamo i sentimenti ci sono la bestia ne La bella e la bestia, e Quasimodo ne Il gobbo di Notre Dame.
Il messaggio è chiaro: i maschi che mostrano le emozioni vengono allontanati dalla comunità, che li disprezza a tal punto da costringerli al totale isolamento.
Le cose non migliorano in tempi più moderni: i supereroi e James Bond, infatti, vivono sempre una doppia vita, e per questa ragione sono spesso condannati alla solitudine: è solo la parte più performante del sé che può essere presentata in pubblico. Il resto (dubbi, dolore, incertezza) deve rimanere nell’ombra.
Nelle storie che ci siamo tramandati, insomma, quelle alle quali abbiamo affidato la trasmissione di valori fondamentali per la civiltà umana - perché a questo servono le fiabe - non solo abbiamo insegnato alle bambine che il loro ruolo era quello di sposare un principe e di fare da generose assistenti per il successo dell’uomo di turno.
Abbiamo anche insegnato ai maschi che la capacità di nascondere la propria vera identità è una qualità ammirevole, che l’alienazione dalle proprie emozioni è una virtù da condottieri - gli abbiamo insegnato che l’integrità può e deve essere sacrificata ogni giorno in nome del potere.
Qual è il prezzo che pagano gli uomini adulti per aver interiorizzato - fin da bambini - la credenza che l’unica parte di loro che può essere mostrata agli altri è la capacità di compiere imprese mirabolanti e di accaparrarsi quante più risorse possibile?
Chi frequenta Maschi del Futuro da un po’ sa che ho passato molti mesi in compagnia delle ricerche di psicologi, antropologi, e sociologi che hanno studiato la formazione dell’identità maschile da diversi punti di vista.
Ho scoperto quanto sia dannoso il mito del maschio silenzioso e forte, ma anche quanto poco equipaggiati siamo per riconoscere e prenderci cura della preziosissima vita interiore dei nostri ragazzi.
Il viaggio che abbiamo intrapreso insieme qualche mese fa su Substack è uno dei modi che ho trovato per condividere con voi il mio esercizio di ascolto, di amore e di fiducia radicali.
È uno dei modi, ma non è l’unico.
Perché il mio mestiere - con tutto il rispetto per voi lettori adulti - è raccontare fiabe.
:-)
E attraverso quelle fiabe mandare dei biglietti carbonari alle bambine e ai bambini di oggi, alle donne e agli uomini che creeranno il futuro, per raccontargli che il mondo che li aspetta non li vuole più a pezzi, ma integri.
È per loro che nasce il mio prossimo libro.
Si intitola Storie Spaziali per Maschi del Futuro.
Uscirà il 3 Ottobre - in modo piratesco (vi dirò di più).
È una raccolta di 12 fiabe, ambientate su 12 pianeti inventati, ognuna pensata per affrontare un tema cruciale nella formazione dell’identità maschile: dalla relazione con la figura paterna alla gestione degli squilibri di forza, dal riconoscimento delle emozioni oltre la rabbia all’esplorazione impavida della propria identità di genere, dalla scoperta di un romanticismo che non ha bisogno di eroi all’importanza di saper tornare sui propri passi, e di saper riparare ciò che si è rotto dentro, e fuori di sé.
Ci sono pianeti di pirati, di orchi, un pianeta dove tutti i bambini dell’universo vanno a festeggiare i loro compleanni. Ci sono fantasmi, un presidente con una strana ossessione per la guerra, e ranocchi alle prese col primo amore.
È un libro che fa molto ridere i piccoli.
(E che ogni tanto fa piangere i grandi).
È la cosa più difficile che abbia mai scritto,
ed è quella di cui sono più orgogliosa in assoluto.
Storie Spaziali per Maschi del Futuro esce il 3 Ottobre.
Per oggi basta. Non vi dico altro: avremo occasione di parlarne, ma soprattutto non vedo l’ora di farvi vedere il lavoro del team straordinario con cui ho avuto l’onore di condividere questa avventura.
Per chi di voi fosse alle Cinque Terre, stasera (giovedì 22) mi trovate a Santo Stefano di Magra, alle 21.30, per una chiacchierata con Benedetta Tobagi moderata da Filippo Lubrano al Festival Percorsi.
Il nostro viaggio continua, verso le stelle.
A giovedì!
Lo stavo aspettando... Perché siamo l'una specchio e corrispettivo dell'altro e non vi è autentico progresso nel muoversi con una gamba sola.
Evviva! Bellissima idea e notizia