Mia Moglie / Tuo marito
Maschi che si eccitano guardando foto di donne con altri maschi e piattaforme social che gli fanno volantinaggio
Ben trovati.
Nelle ultime due settimane, come molti di voi, sospetto, mi sono interrogata molto sul caso del gruppo Facebook “Mia Moglie”, in cui oltre 32.000 uomini diffondevano e commentavano immagini in larga parte non consensuali delle proprie compagne (o di donne che dichiaravano essere le proprie compagne) per farle commentare agli altri utenti in modo sessualmente esplicito.
È del 28 Agosto la notizia di un altro sito, attivo da vent’anni e apparentemente molto frequentato, con un intento simile, in cui le foto femminili erano catalogate per categorie e raccoglievano commenti dello stesso tenore.
Lo sgomento è tanto. Ma davvero il mio compagno potrebbe… posso vivere con l’idea che il padre di mia figlia possa… sono frasi che non riusciamo neanche a portare alla fine, e il modo in cui se ne parla tende per lo più ad aumentare questo senso di voragine, più che a cercare di guardarci dentro.
Davanti alle cose che ci fanno soffrire, però, dobbiamo fare lo sforzo di rimanere coscienti. Di attraversare il dolore o lo sgomento che ci provocano, e di interrogarci insieme su come possiamo trovare una via d’uscita diversa per quella dinamica. Spesso ci rifugiamo nell’oltraggio, che è un modo per scappare dal dolore, per dire che non ci riguarda. Potrebbe sembrare una contraddizione, ma l’oltraggio è l’altra faccia dell’indifferenza: entrambi non portano all’azione per il cambiamento.
Nell’episodio di oggi proverò a tracciare un percorso possibile dentro questa storia nella speranza di offrire non delle risposte definitive, ma una torcia per addentrarci in questo aspetto così oscuro e disturbante della questione maschile e in quello che ci dice della società.
La questione legale
Un pezzo significativo della discussione avviene sul terreno delle tutele legali per le vittime e dei rischi che corrono i perpetratori di questa forma di violenza.
Facciamo chiarezza su quello che è successo nel caso del gruppo Facebook “Mia Moglie”: una persona sulla cui identità le indagini sono in corso, nel 2019, fonda questo gruppo con lo scopo bieco - dichiarato fin dal titolo - di condividere immagini per lo più non consensuali delle proprie mogli/figlie/compagne etc. Il gruppo ottiene un certo engagement, è un gruppo pubblico, e… Facebook inizia a consigliarlo ad altri utenti.
Per darvi un’idea della potenza dell’algoritmo di Facebook nell’individuare (e sfruttare) le tensioni più profonde che ci attraversano, vi faccio un esempio: come racconta Sarah Wynn-Williams nel suo memoir Careless People, a un certo punto FB si accorse che quando una ragazza adolescente cancellava molte selfies era depressa, e quindi FB cominciò a mostrare pubblicità di trucchi e trattamenti, scoprendo che nel momento in cui sono depressi, gli adolescenti fanno più acquisti d’impulso.
Fate voi 2 + 2 su quello che questa storia ci dice del feroce volantinaggio a scopo commerciale che Facebook ha fatto per far arrivare questo gruppo a 32.000 iscritti, ignorando molteplici segnalazioni.
La legge che in Italia regola la diffusione di materiale sessualmente esplicito senza il consenso della persona ritratta è stata approvata il 19 Luglio del 2019, ed è entrata in vigore ad Agosto dello stesso anno. È una legge severa, ma ha delle falle importanti.
Che cosa accade, infatti, quando il materiale che è diffuso non è sessualmente esplicito? Se si tratta di una persona semplicemente sdraiata di schiena in spiaggia, o a letto che dorme, come nel caso di molte delle immagini diffuse in questi gruppi… che si fa? Non è chiaro. Si possono configurare altri reati come la diffamazione, la violazione del diritto all’immagine, il trattamento illecito di dati personali, ma in Italia non c’è un reato specifico.
È questa la ragione per cui è più utile parlare di “IBSA” ovvero image-based sexual abuse (abuso sessuale basato sulle immagini) piuttosto che di revenge porn, che è un’etichetta inadueguata perché la condivisione di video o foto intime della coppia per vendetta dopo la fine di una storia è solo uno dei molti modi in cui questo tipo di abuso viene perpetrato.
La legge approvata nel 2023 dal Regno Unito parla di “intimate images”, invece che di materiale sessualmente esplicito.
L’ampliamento di questa categoria è stato interpretato dal governo inglese come un modo di rendere più responsabili non solo i singoli, ma anche e soprattutto le piattaforme social, che per il modo in cui funzionano, aiutano gli utenti a trovare questo tipo di contenuti e ne favoriscono la proliferazione. Dal sito del governo inglese:
Il reato di condivisione di immagini intime senza consenso sarà classificato come la tipologia più grave di reati online ai sensi dell’Online Safety Act, il che significa che le piattaforme dovranno adottare misure per rimuovere proattivamente questo materiale e impedirne la pubblicazione fin dall’origine. Se non lo faranno in conformità con la nuova legge, potranno incorrere in sanzioni pecuniarie.
L’esempio inglese è utile per mostrare un concetto importante: la pulsione a commettere un reato, soprattutto un reato di questo tipo (e non, per esempio, uno finanziario), è in larga parte pre-razionale. Difficilmente chi commette questo tipo di reati si informa sulle pene che dovrà affrontare se viene scoperto.
Fanpage ha rilevato che su TikTok, quando si cerca il nome di una creator, spesso fra le ricerche correlate compare il suo nome con accanto l’emoticon di una sega (sottile, eh?). Cliccando su quella ricerca correlata, compaiono screenshot della creator in questione in costume, o immagini still prese dalle sue dirette in pose o espressioni che possono risultare sessualizzate.
La stessa piattaforma, se si cerca “suicidio” fa comparire una scritta che dice “non sei solo” e i numeri da chiamare in caso di difficoltà. Perché questa differenza?
Le leggi hanno un impatto importante sul modo in cui viene consentito alle piattaforme di funzionare. Il funzionamento dei social deve essere inquadrato da parametri decisi dalla legge per il bene della collettività. Al momento, molto semplicemente, le piattaforme sono le principali responsabili del fenomeno dell’abuso sessuale attraverso le immagini diffuse digitalmente, perché ne favoriscono attivamente la proliferazione.
La questione morale
L’angolo morale è forse stato il più discusso. Ci siamo abituati a parlare di violenza di genere attraverso le lenti del cyberbullismo e della misoginia. “Revenge” è infatti il termine inglese che sta per vendetta, ma la diffusione del materiale intimo non avviene certo solo per vendetta. Si ripiega allora sulla misoginia: gli uomini diffondono questo tipo di materiale e prendono parte a questo tipo di comportamenti perché odiano le donne, perché le considerano solo oggetti da usare per il proprio piacere.
La lente morale è molto utile per inquadrare perché queste azioni sono gravi a tal punto da dover costituire dei reati. Il risultato di queste azioni, infatti, è spesso insopportabile per le vittime che ne vengono profondamente danneggiate.
Ma - a mio avviso - non aiuta a inquadrare le ragioni per cui un numero considerevole di uomini compie questo tipo di abuso.
Il desiderio omosociale
Mi sono chiesta perché esistano così tanti gruppi di uomini eterosessuali che sentono la necessità impellente di vivere la propria eccitazione sessuale in gruppo, in presenza di altri uomini.
Mi è venuta in soccorso la sociologa e critica letteraria americana Eve Kosofsky Sedgwick che parla di desiderio omosociale e ha indagato questo fenomeno nel suo libro Between Men: English Literature and Male Homosocial Desire (1985). Qui, Sedgwick spiega che spesso la condivisione del desiderio tra maschi etero ha una carica erotica e serve a cementare il gruppo.
In questo contesto, indirizzare il desiderio su immagini di donne ha una funzione molto precisa: serve a distinguere in modo netto questa pratica dall’omosessualità.
Sedgwick parla di “panico omosessuale”: più forte è l’intimità tra uomini, più servono rituali per negarla. Nei mondi virtuali, la condivisione di immagini che ritraggono corpi femminili è IL modo in cui la potenziale carica omosessuale della situazione in cui più uomini si eccitano sessualmente insieme viene disinnescata.
Questa chiave di lettura sposta la questione dal piano della deviazione psicologica individuale (che pure indubbiamente gioca un ruolo importante), a un’interpretazione sociologica del modo in cui si struttura la socialità maschile, fenomeno che è stato indagato in particolare da DeKeseredy e Schwartz in uno studio del 2016.
La “male peer support theory” è una teoria che spiega la violenza maschile contro le donne (offline e online) come prodotto dei legami tra pari maschi: indaga quindi l’attaccamento ad amici/uomini che forniscono risorse (foto, istruzioni) e il modo in cui questo attaccamento incoraggia e legittima l’abuso.
Un esempio di questo è i ruoli che individui diversi si ritagliano in questi gruppi: chi fornisce materiale (che acquisisce prestigio per essere coraggioso, o perfino generoso), chi riconosce prestigio a questi individui (con like, o commenti), chi osserva in silenzio (venendo spesso giudicato male dal gruppo) etc.
Spostare il focus dal cattivo individuo alla dinamica di un gruppo è fondamentale se vogliamo riscrivere i copioni del maschile, perché i comportamenti abusivi nascono soprattutto dall’interiorizzazione di un modello di socialità tossica di cui la misoginia è un prodotto, non la causa.
Se vogliamo smantellare la cultura dell’abuso, dobbiamo comprendere le necessità dalle quali nascono queste condotte, e provare - come società - ad offrire a quelle necessità delle soluzioni diverse.
Che cosa possiamo fare?
Perfezionare le tutele legali, passando dalla logica del revenge porn a quella dell’image-based sexual abuse;
Elaborare leggi che costringano le piattaforme ad assumersi le proprie responsabilità rispetto alla proliferazione (e monetizzazione) di questo tipo di abusi;
Lavorare collettivamente per riscrivere i copioni della socialità maschile e, in particolare, sul ruolo dell’umiliazione di qualcuno come collante di un gruppo (ci ritorneremo nei prossimi numeri della newsletter perché umiliazione e mancanza della cultura del consenso sono strettamente legati);
Valorizzare la cura, la lealtà, e la logica dell’eroismo maschile, non come impresa solitaria ma come coraggio di essere la forza di cambiamento in un gruppo;
Combattere l’omofobia come se ci riguardasse tutti perché ci riguarda tutti;
Rendere l’educazione sessuo-affettiva una priorità e, come dimostrano molte delle questioni che stiamo toccando, un’educazione sessuo-affettiva che non parli anche dell’omosessualità e che quindi non punti a sciogliere il nodo di vergogna alla base dell’omofobia è monca e rischia di essere inefficace proprio in relazione a quei fenomeni che ci fanno più orrore;
Prestare più attenzione all’educazione emotiva dei maschi: chi riconosce la propria vita emotiva è più capace di empatia e, quindi, più capace di discernere i comportamenti lesivi della dignità degli altri.
Liberare noi stessi e i nostri bambini dal carico di vergogna che pesa sul maschile, per consentire loro di avere accesso a un’intimità emotiva vera che non ha bisogno di essere rimpiazzata dall’intensità che viene dalla violazione dell’altro per farci sentire qualcosa (ma di questo ne parliamo nei prossimi numeri).
Per oggi è tutto.
Maschi del Futuro in tour in Sud America!
Il prossimo numero della newsletter ve lo manderò dal Cile, che sarà la prima tappa del mio tour in Sud America che toccherà Santiago del Cile (10 Settembre), l’osservatorio di Paranal nel deserto di Atacama (!!!12 Settembre!!!), Buenos Aires (20-24 Settembre) e Montevideo (24-29 Settembre).
Visto che in molti me l’hanno chiesto: la presentazione a Buenos Aires sarà il 22 Settembre alle ore 18 a Dain Usina Cultural.

Cuentos del espacio para hombres del mañana edito da Planeta Junior è disponibile in tutti gli stores, quindi se avete amici che potrebbero volerlo leggere in spagnolo, fateglielo sapere.
Il tuo ruolo in tutto questo
Lavorare a questo numero ha preso circa 3 giorni di lavoro e, come molti di voi sanno, questo è un progetto completamente indipendente. Sono 334 gli abbonati che hanno scelto di sostenere Maschi del Futuro con un abbonamento (grazieee).
Ad oggi, questa è la newsletter che si occupa del cambiamento di paradigma sul maschile più grossa del mondo, e la nostra è quindi una responsabilità importante.
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PS: HEY MAN! - Un Festival Imprevisto sul Maschile a Milano
Se non fossi in Sud America, dal 19 al 21 settembre sarei sicuramente alla Fabbrica del Vapore per questo festival sul maschile organizzato da Osservatorio Maschile, Mica Macho e con la Partnership di Fondazione Libellula e Fondazione Cecchettin. Ci sarò con un video! Prenotatevi aquì.
Adoro come riesci a mettere il dito proprio sul punto chiave della questione. È sul desiderio omosociale che occorre lavorare. Adesso dico una cosa che magari per molti lettori può risultare cringe, ma ai maschi spesso piace praticare masturbazione in gruppo. Magari guardando tutti insieme del materiale pornografico, sono cose che sono sempre successe e sempre succederanno: all'interno di questa dinamica ci può stare anche il confronto (banalmente la solita curiosità su chi ce l'ha più lungo o robe così). Magari può capitare anche che ci si masturbi a vicenda, andando pericolosamente a parare nel territorio dell'omosessualità... e lì, se il gruppo dei pari è strutturato secondo logiche di cameratismo patriarcale (ovviamente di solito lo è), scatta la sanzione, l'umiliazione vissuta in modo personale o somministrata all'altro membro (no pun intended) del gruppo. Queste però sono esplorazioni della sessualità normali che una persona fa indipendentemente dal suo orientamento sessuale, e in una educazione affettiva andrebbe sottolineato anche questo. È come quando ti dicono che se ti interroghi sulla tua identità di genere allora sei trans*: non è automaticamente così. Se sperimenti con persone del tuo stesso sesso non è così automatico che tu abbia per forza un orientamento omosessuale. Non so se mi sono spiegato, però il tuo post mi ha suggerito queste riflessioni, e in fondo i forum come Phica mi pare che ribaltino (in modo odioso e purtroppo favorito dalla tecnologia e dai buchi normativi) questo desiderio di contatto in una dimensione virtuale - MA PUBBLICA - che non ha senso di esistere. Insomma, si stava meglio quando si stava come in quella famosa scena di Amarcord di Fellini in cui si usavano le mani e la fantasia.
Prima di tutto, grazie mille per l'articolo, molto interessante.
Non sono totalmente d'accordo sul fatto di includere immagini non sessualmente esplicite nel perimetro dell'Image-Based sexual abuse, nonostante comprenda il principio. Credo che sia molto importante mantenere uno stato di diritto con paletti chiari, e nel contesto legale che proporresti non sarebbe molto chiaro cosa una persona o un'azienda dovrebbero fare, quando una ragazza condivide con altri una sua foto in bikini, o mentre mangia un Calippo, o mentre balla, o o o...