Il tango e i maschi
Diario di Viaggio dal tour sudamericano di Maschi del Futuro. In questo episodio, l’Argentina
Ben arrivati in un altro numero della newsletter in versione “diario di viaggio”, dal tour sudamericano per l’uscita in spagnolo di Storie Spaziali per Maschi del Futuro. La scorsa settimana vi ho raccontato di un pezzetto della mia esperienza in Cile, questa settimana vi racconto della tappa argentina.
A Buenos Aires passato e presente sembrano rincorrersi, e cercare vicendevolmente di divorarsi. Osservo le facciate dei palazzi, che sembrano pezzi abbandonati di scenografie teatrali dentro le quali, incredibilmente, qualcuno è riuscito ad abitare. Mi infilo nell’entrata di un condominio con il pavimento consumato a scacchi bianchi e neri, per scoprire che c’è una scala a pioli per accedere al piano di sopra. Seguo le note tremolanti di un vecchio grammofono e mi ritrovo in un antiquario che sembra aver occupato le stanze al pian terreno di un vecchio convento gesuita.
Sto cercando il tango.
Lo cerco per le strade di San Telmo, e per quelle di La Boca. Si tratta di due quartieri molto diversi, che hanno una storia che mi interessa, perché entrambi all’inizio del 900 erano abitati da immigrati, in larga parte portuali e marinai.
San Telmo era nato come quartiere residenziale, proprio grazie alla presenza dei gesuiti. Per questo ci sono queste facciate nate per contenere la vita dei signori, e andate incontro a tutt’altro destino. Nel 1871 infatti, una epidemia di febbre gialla seminò il panico in città, e i signori abbandonarono quei palazzi per trasferirsi in massa verso le zone di Ricoleta e Retiro: i loro palazzi vennero così affittati alle frotte di migranti che arrivarono a Buenos Aires dalla fine dell’800.
La Boca, invece, è un quartiere di baracche di lamiera colorate che sono colorate perché chi ci viveva dipingeva la sua casa con la vernice che gli avanzava dalle barche. Qui le strade centrali sono invase da negozi di souvenir e ristoranti, ma tutto intorno a quelle strade, una enorme quantità di gente nelle baracche ci vive ancora. In baracche a uno o due piani, con soffitti che pendono da un lato o dall’altro, o che sono imbarcati al centro, e che ti fanno domandare come sia possibile che stiano in piedi.

A La Boca mangio un choripan (un panino con la salsiccia), seduta nel cortile pieno di graffiti di una scuola a un angolo di strada, accanto a un campetto in cui un gruppo di ragazzi ha allestito una griglia, e ha una vasca piena di ghiaccio con le bottiglie di coca, le birre e due tre bottiglie di fernet sul tavolino all’ingresso. “Coca y fernet o cervecita?” Mi chiedono. “Coca y fernet” rispondo con una convinzione che sparirà dopo aver assaggiato quanto ci sta male quel gusto di menta e cola sgasata col panino.
Mi interessa respirare l’aria di questi quartieri perché è qui che alla fine dell’800 è nato il tango. Nelle aree portuali della città, dove c’erano bordelli, convitti, taverne economiche. Il tango è nato come una danza degli ultimi, e proprio per questa ragione è stato a lungo guardato con disprezzo.
Il tango mi interessa perché è una danza intima, appassionata, con una gestualità sia maschile che femminile che crea una profonda intimità tra i partner, e che per essere ballata bene richiede un profondo ascolto reciproco.
Lo studio dell’antropologia ci dice che le danze tradizionali spesso codificano sogni e bisogni di una comunità e che la ripetizione di alcuni gesti diventa un rito che racconta in modo profondo quali siano le tensioni che hanno attraversato un tempo, un luogo, un gruppo di persone.
In questo viaggio ho scoperto una cosa abbastanza straordinaria, della quale non avevo idea.
All’inizio, il tango era ballato fra uomini.
In quegli anni, in quei quartieri, c’erano pochissime donne perché la stragrande maggioranza degli immigrati che venivano qui a cercare fortuna erano uomini. Si dice che ci fosse una donna ogni sette uomini. C’è chi dice che gli uomini ballassero tra di loro per esercitarsi in vista di quando gli sarebbe capitato di poter ballare con una donna, e c’è chi dice che ballavano tra loro perché il tango si è evoluto da un rituale di lotta coi coltelli, ma c’è anche chi dice che tutti questi immigrati che avevano lasciato la propria terra e la propria famiglia alle spalle… avevano bisogno di abbracciarsi.
Effettivamente i testi delle canzoni originali del tango erano spesso un modo per esprimere il dolore, il bisogno di tenerezza, e la nostalgia dei maschi.
Ma allora da dove viene l’idea che il tango sia la danza più eterosessuale che esista?
Per scoprirlo, dobbiamo spostarci da Buenos Aires a Parigi.
È il 1910, sono gli anni della Belle Èpoque, e Parigi è la capitale d’Europa. Una città affamata di novità, di irriverenza, di esotismo. I parigini amano le danze che arrivano dalle colonie, e i niños bien argentini (i giovani delle famiglie bene argentine che vanno a studiare a Parigi) portano quella danza scandalosa disprezzata in patria perché espressione dei bassifondi, nei salotti francesi.
Nel 1912 il tango a Parigi sembra essere ovunque, diventa una delle tendenze più in voga del momento e scatena una specie di panico morale. Gli abbracci stretti, la sensualità dei movimenti, le gambe che si intrecciano… il tango viene denunciato come indecente dalla Chiesa cattolica, dai moralisti, e perfino dai dottori.
La fama del tango aumenta, e nel 1913 la danza argentina arriva a Londra, Berlino e New York: la sua popolarità è tale che i giornali parlano di “epidemia di tango”.
In queste città alla moda, il tango viene “ripulito” dalle componenti che vengono giudicate inadatte alle classi alte che ne hanno fatto un fenomeno alla moda: è a questo punto che vengono strettamente codificati i ruoli maschile e femminile, che il tango diventa molto più coreografato, che la postura dei danzatori cambia diventando molto più composta. È a questo punto che viene cancellata la storia di un tango ballato dai maschi con i maschi.
Il tango a questo punto, approvato e ripulito dalle élite cosmopolite europee, diventa ben visto anche in Argentina e smette di essere il ballo degli ultimi per essere abbracciato come un elemento identitario nazionale, nella forma che conosciamo oggi.
Insomma, quando si guarda il tango nelle strade o nelle balere, si incontrano ancora oggi dei ballerini per cui l’anima del tango è ancora in grado di mostrarsi intatta. Una danza che è nata dal bisogno di contatto e di vicinanza in un mondo di uomini soli, e che ci ricorda che la mascolinità non è mai stata solo dominio e distanza, ma anche ascolto, improvvisazione, desiderio di stare vicini, di rimanere in relazione, di trasformare la lotta per la sopravvivenza in una danza.
Il classismo, il colonialismo… hanno avuto un ruolo molto più grande di quello che immaginiamo nella codificazione così rigida dei generi. Quando si parla di “natura” in relazione al genere dovremmo ricordare quanto profonda è la stratificazione culturale che c’è anche solo in poco più di un secolo di storia umana.
Vi lascio con un video meraviglioso di Lily Chenlo, una delle danzatrici che hanno riscoperto questo pezzetto di storia del tango, e che oggi mostrano come è straordinario (e sexy) liberarsi di alcuni di quegli strati che non ci servono più.
Questa settimana sono a Montevideo per la Fiera Internazionale del Libro, dove presento Storie Spaziali per Maschi del Futuro sabato. A proposito, se lo avete acquistato e vi è piaciuto, sareste così gentili da lasciare una recensione su Amazon?
Se vi interessa seguire più da vicino il tour vi ricordo che potete seguirmi su Instagram, dove trovate pezzetti video di alcune delle interviste che ho rilasciato e alcune immagini degli eventi a cui partecipo.
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A giovedì prossimo!
Grazie Francesca, mi riporti ai miei anni da tanguera :-D
Sì, io lo sapevo già che il tango veniva ballato fra uomini, del resto quando lo si impara – il tango milonguero, non quello artefatto e codificato delle gare – si balla donne con donne, uomini con uomini, perché capire cosa "sente" il/la partner è indispensabile per ballare bene, per guidare e farsi guidare. Non sono sicura che originariamente il ballo fra uomini fosse più voglia di contatto o desiderio di emergere, e certamente poi per molto tempo la divisione dei ruoli è stata rigida, ma oggi il tango può essere una palestra di ricerca di sé, di consapevolezza e comunicazione. E le tradizioni sono fatte per essere cambiate e reinventate
Grazie per questo resoconto così vivido di un ballo che ho sempre amato ascolare e non ballare. Come con altri balli di coppia mi si diceva di dover andare a passo indietro, il che mi sembrava scomodissimo, e di muovermi come un pavone (o così pensavo, perché non lo sapevo fare!) mentre il mio compagno si muoveva meno, sceglieva la direzione e si muoveva in avanti. L'unico fattore positivo era lasciarmi guidare da uno che conoscesse le regole del ballo! Mi è stato detto da più parti che "Per certe donne emancipate [ghignetto] è più difficile lasciarsi guidare che prendere il comando". Come se fosse una lacuna che dovessi colmare, e anche no :) . Il tuo racconto rende tutto più dolce! Grazie ancora.