#47 Quando chi abusa è amico nostro
La violenza ci riguarda, tutti. Tutte. E forse questa è la cosa più difficile da accettare.
Nel film “Il Popolo delle Donne” di Yuri Ancarani, Marina Valcarenghi - psicanalista che ha lavorato per decenni con uomini abusanti in carcere - dice:
La violenza non è il male, la violenza è un istinto. L’istinto appartiene a tutta la specie. Se è un istinto, ha un senso e noi quel senso dobbiamo avere la pazienza di riconoscerlo. Nessuno nasce mite, miti si diventa: pian piano si impara a usare la violenza solo quando è necessario e quando è compatibile con la convivenza civile. La violenza non è il male, perché in alcuni casi è necessaria: se qualcuno attacca il mio bambino, per esempio, cosa dovrei fare? Se qualcuno cerca di abusare di me, cosa dovrei fare?
Imparare a controllare l’istinto è importante, mentre reprimerlo è un grosso errore perché la repressione porta a esplosioni incontrollate.
Su ciascuna di queste frasi potremmo fare un episodio di questa newsletter… ma nel contesto di questa puntata, soffermiamoci su un aspetto: la violenza ci riguarda tutti, ci riguarda tutte, “l’istinto appartiene a tutta la specie”, e questo è un pensiero con il quale è difficilissimo convivere.
Ciascuno di noi vuole vivere custodendo nel suo cuore la certezza di essere dalla parte dei buoni. Questa è la ragione per cui la destra populista cerca di rassicurare gli italiani dicendo “noi siamo buoni, sono gli stranieri ad essere cattivi”. Ed è anche la ragione per cui in tanti ambienti di sinistra si pensa: “isoliamo ‘i violenti’ e avremo la certezza di essere rimasti un gruppo di buoni”.
I cosiddetti ‘spazi sicuri’ rappresentano questa utopia: spazi in cui non può succedere nulla di male, perché tutti i cattivi sono stati allontanati, e sono rimasti solo i buoni.
In Elfi al quinto piano, il mio romanzo di Natale per bambini, una famiglia con due mamme e tre bambini si trasferisce nella città di R. una città utopica che le mamme scelgono come meta perché è un posto in cui non succede mai nulla di brutto. Quello che le mamme non sanno è che, per evitare che in quella città succeda qualcosa di brutto, gli abitanti hanno scelto di darsi una regola: non si parla mai con gli sconosciuti, perché parlare con gli estranei attiva catene di eventi che sono fuori controllo.
In altre parole, lo spazio sicuro è un luogo in cui il capitale di fiducia tra le persone è, deve essere, estremamente scarso. Sia perché guardare gli altri con una certa dose di sospetto è necessario per fare in modo che lo spazio rimanga sicuro, ma anche perché lo spazio sicuro è un luogo in cui le relazioni esistenti sono le uniche che contano davvero. Coltivare relazioni con persone ‘nuove’ espone se stessi e gli altri membri della comunità al pericolo.
L’idea che si possa “purificare” la società attraverso l’espulsione dei violenti è problematica e, se ci pensate, è sorprendente che abbia potuto farsi strada fra tante persone che sono inorridite quando lo stesso principio viene sventolato da leader xenofobi che vincono le elezioni parlando di deportazioni di massa di immigrati illegali.
La ragione per cui l’approccio punitivista si è fatto strada in questi circoli ha a che fare con il modo peculiare in cui la violenza di genere si manifesta nella società nei casi in cui l’uomo accusato di abusi è un uomo che ha un potere e un prestigio sociali maggiori rispetto a quelli della donna che denuncia.
In questi casi, infatti, nel corso della Storia, è stato enormemente difficile per le donne far valere le proprie ragioni perché gli uomini sono riusciti ad utilizzare le proprie connessioni per silenziare le vittime oppure per screditarle davanti all’opinione pubblica: Harvey Weinstein, lo stesso Trump, Jeffrey Epstein, R. Kelly, Bill Cosby e perfino Bill Clinton sono alcuni dei nomi più illustri che hanno adottato - con successo - questo sistema per molti, molti anni e per silenziare molte, moltissime donne. (E se questi nomi illustri sono solo americani, non è - com’è ovvio - perché in Italia non ci siano stati casi simili, ma perché in Italia gli uomini di potere che hanno abusato e silenziato le donne sono ancora al loro posto).
La convergenza del privilegio di classe con quello di genere ha storicamente creato un ostacolo quasi insormontabile per le donne che hanno scelto di denunciare, contribuendo a dare ad alcuni uomini di potere una sensazione di onnipotenza e di impunità che creano orrore in chi non sopporta che i forti dispongano di chi è più debole a proprio piacimento.
Per provare a controbilanciare il potere di questi uomini è nato il movimento “sorella io ti credo”. In altre parole, molte donne hanno scelto di schierarsi dalla parte della donna denunciante senza entrare nel merito dei singoli procedimenti ma come presa di posizione politica, per provare con la forza del numero a mettere le donne nella condizione di avere quantomeno un processo equo.
Questa scelta è comprensibile, ma com’è ovvio è una scelta che richiede a chi la sposa di camminare su una linea molto sottile che ha numerosi punti di contatto con il giustizialismo.
Nel linguaggio comune ‘giustizialismo’ indica l’atteggiamento di chi chiede che venga fatta rapida giustizia a carico dei colpevoli di determinati reati, e dunque la tendenza ad applicare le regole della giustizia in modo troppo rigido e drastico. In Italia il termine è entrato nel dibattito politico per definire la tendenza ad affidare alla magistratura funzioni di moralizzazione della politica.
E quindi che si fa?
C’è un libro straordinario che naviga questo dilemma con una grazia, un’intelligenza, e una onestà intellettuale rare: La trama alternativa di Giusi Palomba.
In questo libro, Palomba racconta la sua esperienza nello straordinario laboratorio politico della Catalogna in cui, grazie a un suo amico, viene introdotta a un modo di costruire comunità secondo principi realmente alternativi a quelli del sistema patriarcale e capitalista. Il suo amico è uno dei protagonisti di questa rivoluzione, un punto di riferimento per la comunità, capace di tessere relazioni trasversali che danno corpo e vita a una serie di esperienze di grande importanza per Barcellona. E a un certo punto viene accusato da una donna della comunità di averla abusata. La comunità è sotto shock, così come Palomba che non sa come comportarsi.
Qui inizia la parte più dirompente del libro.
La donna decide di non denunciare l’abusante, perché crede nei principi della giustizia ristorativa e non di quella punivista e vuole usare la sua esperienza per mettere quei principi alla prova.
La giustizia riparativa o giustizia rigenerativa (in inglese restorative justice) è un approccio che consiste nel considerare il reato principalmente in termini di danno alle persone. Da ciò consegue l'obbligo, per l'autore del reato, di rimediare alle conseguenze lesive della sua condotta.
La donna si preoccupa del fatto che una denuncia potrebbe determinare l’allontanamento dell’uomo - che sta attraversando una separazione - dai suoi due figli, sa che è un buon papà e non vuole che le conseguenze della violenza che lei ha subìto si ripercuotano su di loro.
In altre parole, la donna è consapevole del fatto che fermare la violenza richiede a ciascuno di noi una messa in discussione profonda, e una consapevolezza dell’impatto delle nostre azioni su chi ci circonda. [Specifico SUBITO che non c’è NULLA nel libro di Palomba che inviti le vittime a non denunciare le violenze, quello che lei fa è descrivere una dinamica alternativa disponibile in quello specifico contesto]
Si formano due gruppi: un gruppo di intorno a lei, e un gruppo intorno a lui. Il gruppo intorno a lei raccoglie le esigenze della donna per la riparazione del danno subito, ma è fatta richiesta esplicita che l’abusante non venga isolato - perché ha bisogno di rimanere connesso alla comunità per poter prima capire la necessità della riparazione, e poi partecipare alla riparazione stessa.
Questi gruppi hanno la funzione di mediare il processo di riparazione. Le persone che stanno intorno alla vittima non si comportano come se fossero vittime loro stesse, e chi sta intorno all’abusante non si comporta come se dovesse difendere se stesso: usano il fatto di essere persone terze rispetto all’accaduto per avviare un lavoro di confronto, mediazione, e riparazione.
La donna avanza una richiesta: che Bernat lasci temporaneamente le cariche che riveste in associazioni e comitati, e che affronti questo processo esattamente come lei, senza poter fare leva sul potere e sul prestigio che innegabilmente ha all’interno della comunità. E lui, malvolentieri e grazie alla mediazione di chi gli sta intorno, accetta.
Non vi dico altro, il libro merita, leggetelo. Palomba è perfettamente consapevole che questo non sia un principio adottabile in tutte le circostanze, ma non è questo il punto. Il punto è l’identificazione di una trama alternativa a quelle che conosciamo a memoria e che riproduciamo senza pensarci.
Il caso di Più Libri Più Liberi
Ho pensato molto a La Trama Alternativa in questi giorni in cui il piccolo mondo della cultura romana è agitato dalla vicenda della fiera Più Libri più Liberi.
Per chi non ne sapesse nulla, la direttrice della fiera Chiara Valerio, legata da un’amicizia personale al filosofo Leonardo Caffo, ha deciso di invitarlo a presentare il suo libro, nonostante il fatto che Caffo sia in attesa di sentenza per un processo in cui è accusato di maltrattamenti e lesioni alla sua compagna. Questo invito ha generato un’onda di indignazione da parte di molte scrittrici che hanno iniziato a ritirarsi dalla fiera, soprattutto in considerazione del fatto che questa edizione è dedicata alla memoria di Giulia Cecchettin.
Dopo molte resistenze, l’incontro è stato cancellato, e diversi spazi della fiera sono stati offerti ad associazioni che si occupano di lotta alla violenza sulle donne.
Si tratta di un risultato ideale? No.
Viviamo in un mondo ideale? No.
La violenza ci riguarda tutti, molto da vicino. Ci mette in crisi, e solo se lasciamo che ci metta in crisi, la stiamo davvero elaborando.
Gli spazi sicuri non esistono, e se anche esistessero, non credo che sarebbero dei bei posti. Noi umani dovremmo aver capito che l’idea di purificare uno spazio, un gruppo, una nazione, un governo… non porta mai a risultati desiderabili.
È possibile rimanere vicini a una persona accusata di aver commesso violenza? Sì, e forse è anche necessario. È possibile tenere in considerazione che l’affetto che proviamo per quella persona non significa offrirle una piattaforma pubblica in un momento delicato e a pochi giorni da una sentenza? Sì, negli ultimi anni abbiamo capito che questo non è solo possibile, ma anche importante.
È possibile nell’ambito del lavoro distinguere tra la lealtà personale e la lealtà al compito che ci è stato assegnato? Credo che sia possibile, che sia necessario. Ed è innegabile che in Italia abbiamo un problema enorme in materia.
E infine: è possibile sbagliare? Sì. Deve essere possibile sbagliare, si deve poter continuare a lavorare insieme in presenza del conflitto, e si deve avere un enorme rispetto di chi, con pazienza, usa la propria voce e il proprio corpo per mediare e per riparare.
In ogni dato momento siamo persone diverse. Darci la possibilità di cambiare, e di evolverci, di imparare, senza emettere condanne definitive o giudizi inappellabili è l’investimento più importante che possiamo fare se ci sta davvero a cuore l’obsolescenza di un sistema che opera (dentro e fuori di noi) come se nulla esistesse fuori dal binomio dominio/sottomissione.
Come dice Valcarenghi, “nessuno nasce mite, miti si diventa”.
A giovedì!
PS: Grazie a tutte le persone che stanno acquistando Storie Spaziali per Maschi del Futuro (se non lo avete preso, vi ricordo che lo trovate solo su Amazon) e in particolare ai bambini che stanno riproducendo le illustrazioni del libro e mi stanno mandando letterine bellissime. Mi raccomando, se lo avete preso e vi è piaciuto, lasciate una recensione!
PS2: Io non andrò a PLPL, ma avevo deciso di non farlo circa un mese fa e per ragioni del tutto diverse: trovo del tutto inaccettabile il fatto che gli scrittori che fanno le presentazioni alle fiere del libro (per entrare alle quali il pubblico paga un biglietto) non vengano pagati per il proprio lavoro.
Audiolibro
Vi ricordo che la pubblicazione delle puntate dell’audiolibro continua ogni domenica! Alle registrazioni audio per intero e alle altre fiabe per bambini contenute in questa sezione si accede solo con un abbonamento premium, che permette di sostenere questo progetto e vi dà pure accesso all’intero archivio. Clicca qui per sottoscrivere un abbonamento premium o per regalarlo a chi vuoi tu!
Vediamoci dal vivo
PADERNO DUGNANO, 29 Novembre ore 18 alla Tilane Biblioteca (sarà possibile acquistare le copie alla presentazione)
MILANO, 30 Novembre ore 11.30 al Festival di Illustrazione PawChewGo al Base
ROMA, 5 Dicembre, Festival Rewriters, Lezione Spettacolo su Maschi del Futuro alla Sapienza di Roma, ore 13.30 - registrarsi gratuitamente qui per partecipare di persona, sarà trasmesso anche in diretta su Repubblica TV
MODENA, 7 Dicembre, ore 9:30, Festival “Modena fa Scuola”
ROMA, 15 Dicembre, Festa delle Famiglie Arcobaleno, Ore 18.30 - Circolo Mario Mieli (sarà possibile acquistare le copie del libro alla presentazione)
Sto osservando la faccenda dal punto di vista della Pedagogia Nera e il non ammettere errori, non chiedere subito scusa forse per paura di non trovarsi più sul piedistallo, credo siano anch'essi parte del problema del mettere persone sul piedistallo. Il corto circuito è inevitabilmente dietro l'angolo.
Grazie per il libro consigliato 🙏🏻
Grazie Francesca, io ho orrore della violenza prevaricatrice ma ho orrore anche di quelle persone che magari hanno grande stima (come me) di Chiara Valerio e che improvvisamente la devono "buttare giù dal piedistallo" e infangarla. OVVIO che ha fatto un errore macroscopico, ma cazzo come hai ribadito anche tu: si può sbagliare? Direi di sì, se sei umano. Poi ci sono i malfidati che ti dicono "eh, ma se non era Chiara Valerio, amica vostra, se era uno di destra vi stracciavate le vesti". Io dico solo, conoscendo la persona posso presupporre la buona fede e purtroppo se ci sono di mezzo gli affetti poi alle volte non riesci subito a capire che ti stai muovendo male. Comunque, bella analisi, grazie, e molto interessante e provocatorio il libro che hai citato.