#46 Campagne che non vedrete il 25 Novembre
Perché le campagne contro la violenza sulle donne ritraggono sempre le donne?
Le campagne contro la violenza sulle donne ritraggono quasi sempre le donne. Degli uomini, a volte è visibile una mano, un braccio, un piede, spesso nell’atto di colpire o di zittire. Le donne sono spesso ritratte con uno sguardo terrorizzato, addolorato, impotente. A volte, addirittura con un occhio nero, oppure coperte di lividi.
Questo tipo di operazione ha un nome che avrete probabilmente sentito: “pornografia del dolore”. Ma che cos’è la pornografia del dolore e perché fare campagne di sensibilizzazione che puntano su questo aspetto va nella direzione opposta a quella della lotta alla violenza?
IL SENSAZIONALISMO VINCE SULLA SOSTANZA
Il motivo per cui questa strategia di comunicazione è privilegiata da molti pubblicitari è che queste immagini producono uno shock in chi guarda, quindi - se il tuo obiettivo è catturare l’attenzione - questo è un modo efficace di farlo. Ma non trattandosi della vendita di uno shampoo, ma di una campagna di sensibilizzazione, non ci si può fermare al catturare lo sguardo di un passante. Le campagne di sensibilizzazione devono, infatti, creare un cambiamento della percezione di chi guarda rispetto a un tema specifico.
Una caratteristica infatti di questo tipo di immagini, invece, è la totale perdita del contesto. Non esistono cause né conseguenze in una immagine così: non c’è narrazione della complessità del fenomeno, perfino chi agisce violenza è ridotto a una mano, come se quella mano non fosse collegata a un corpo, a una mente… a un essere umano. In questo senso, questo tipo di ricostruzione della violenza è molto in linea con la rappresentazione mentale dell’abusante che spesso, infatti, si rifugia nel “guarda cosa mi hai fatto fare”.
LA SOFFERENZA VIENE OGGETTIFICATA
Il dolore delle vittime, le loro ferite vengono “vendute” a chi guarda e diventano la merce venduta nella campagna pubblicitaria, a discapito della dignità di chi soffre. Chi di noi vorrebbe immaginarsi di essere vista/o nelle condizioni in cui ci vengono mostrate queste donne? Se l’obiettivo di questa campagna è incentivare le donne a parlare, io credo che piuttosto questo tipo di comunicazione agisca da deterrente.
Immagini come quella qui sopra non creano empatia per le vittime, ma una fascinazione voyeuristica che nasce esattamente dalla sensazione di stare guardando qualcosa che non dovremmo vedere, perché si tratta della storia di dolore di qualcun altro. La sovraesposizione a immagini di questo tipo (pensate all’enorme business intorno alle serie tv sui serial killer e alla quantità gigantesca di immagini che ci scorrono davanti agli occhi di donne abusate e uccise) ci desensibilizza al dolore delle vittime, invece che creare una connessione umana tra noi e chi subisce violenza.
LA SPARIZIONE DELL’ABUSANTE
Chi sta agendo questa violenza? Non ci è dato saperlo. Perché si parla solo delle vittime come se la violenza sulle donne fosse una piaga invisibile, un virus contro il quale non possiamo nulla? L’obiettivo di una campagna di sensibilizzazione dovrebbe essere l’opposto, e cioè aiutarci a vedere le cause, in modo che abbiamo la possibilità di combatterle.
Gli abusanti non vengono mostrati, perché mostrarli ci costringerebbe a interrogarci davvero sulle radici della violenza maschile. Mostrare una finta empatia verso le vittime del tutto vuota di contenuto, invece, non costa nulla.
Le campagne che non vedremo
Ho chiesto a ChatGPT di produrre delle immagini su alcuni concept di campagne che - secondo me - potrebbero aiutare a cambiare la percezione di questo tema in modo molto significativo. Le immagini sono generate velocemente, semplicemente per aiutarmi a far capire il punto di vista, ma spero aiutino a capire che ci potrebbe essere una alternativa se, a un certo punto, prendessimo questa battaglia sul serio.
[Se chi legge è interessato a sviluppare una di queste campagne per la sua associazione o brand, scrivetemi]
Sono partita da un concept molto punitivista (che come immaginate non sarebbe la mia prima scelta). Volevo provare però diversi approcci.
Ogni colpo ha una conseguenza, fermati.
La responsabilità della violenza va posta saldamente sulle spalle dell’abusante. L’abusante va mostrato, e le conseguenze delle sue azioni devono essere esplicitate.
Non tenerti tutto dentro
Solo il 15% degli uomini confida i suoi problemi ad amici o familiari. In moltissimi casi, sfogarsi con qualcuno aiuterebbe molto a evitare di cadere nella spirale della paranoia e della violenza che spesso si nutrono dell’estrema solitudine di cui soffrono un enorme numero di uomini. Investire sulla salute mentale degli uomini significa investire nell’eliminazione della violenza.
Ci sono colpi che costruiscono, e altri che distruggono.
In questo tipo di narrazione, il contesto viene privilegiato rispetto alla spettacolarizzazione del dolore della vittima: vengono mostrate le conseguenze della violenza, ma la dignità della vittima rimane intatta.
Questo non è amore
L’esplosione delle app per tenere sotto controllo la geolocalizzazione della/del partner è preoccupante e indicativa di quanto la volontà ossessiva di controllo di un partner sia uno dei primi segnali di una relazione disfunzionale. Merita dire che anche le ragazze spesso esprimono questa mania di controllo, e che dovrebbe essere chiaro anche a loro che non ci sono buone ragioni per monitorare in modo costante la geolocalizzazione dei nostri partner. Anche se potrebbe sembrare romantico… non lo è.
The 5-second challenge - Posta sui social un video in cui abbracci un tuo amico per 5 secondi
L’idea che l’unico modo “virile” di trovare confronto nel contatto fisico con un’altra persona sia con una persona del sesso opposto e durante un atto sessuale è alla radice di moltissimi dei problemi legati a un rapporto tossico che alcuni uomini hanno con il sesso. Cercare il contatto fisico non sessuale con i nostri amici e le nostre amiche non dovrebbe essere un tabù, perché noi umani (tutti, uomini e donne) abbiamo bisogno del contatto fisico con altri umani per stare bene. Stare a contatto con gli altri ci fa produrre endorfine, e ha il potere di guarire le nostre ferite più profonde.
Purtroppo, a causa di una profonda omofobia, ma anche della vergogna di aver bisogno degli altri, i maschi imparano presto a non abbracciarsi, o a farlo “rimanendo distanti” (avete presente il classico abbraccio con il corpo che rimane rigido, e la pacca sulla spalla?).
È fondamentale invece abbracciarsi con abbandono, con gioia per il contatto con un altro essere umano, e senza vergogna!
Qui con Chat GPT è successa una cosa molto interessante: per quanto abbia provato con diversi input, due uomini che si abbracciano per questo motore di intelligenza artificiale sono per forza fidanzati…
Questa è stata la prima immagine generata:
al che ho detto a Chat GPT “non devono essere fidanzati, semplicemente due amici che si abbracciano”. Risultato:
…
Insomma: l’incapacità di ChatGPT di immaginare un abbraccio maschile al di fuori del contesto di una coppia gay, ci dimostra che la sfida è creare un nuovo immaginario per l’emotività maschile. Su questo dovrebbero concentrarsi le campagne di sensibilizzazione.
Attraverso la creatività noi umani possiamo immaginare contesti nuovi di realizzazione della nostra umanità, possiamo mostrarli, e una volta che li abbiamo resi visibili, possiamo iniziare ad abitarli insieme.
Una campagna radicale di lotta alla violenza contro le donne non riguarda soltanto il rapporto con le donne, ma anche il rapporto degli uomini con altri uomini e, in ultima istanza, con se stessi.
Per oggi è tutto.
A giovedì.
Ci sono molti modi di supportare questo progetto
Puoi acquistare la mia raccolta di fiabe “Storie Spaziali per Maschi del Futuro” su Amazon, e se lo hai già acquistato mi raccomando lascia una recensione!
Puoi sottoscrivere un abbonamento premium (e avere accesso a tutto l’archivio e all’audiolibro di “Storie Spaziali per Maschi del Futuro”)
Puoi invitarmi a parlare nella tua azienda, mandando una email a olgamerlin@mismaonda.eu
Puoi ospitare un monologo di Maschi del Futuro a teatro, mandando una email a info@sava.srl
Vediamoci dal Vivo
(Occhio che ci sono un paio di date che sono cambiate)
MILANO, 23 Novembre ore 20.30, Teatro Litta - Ingresso gratuito con prenotazione qui
FIRENZE, 24 Novembre ore 12 alla Casa delle Donne (sarà possibile acquistare le copie del libro alla presentazione)
PADERNO DUGNANO, 29 Novembre ore 18 alla Tilane Biblioteca (sarà possibile acquistare le copie alla presentazione)
MILANO, 30 Novembre ore 11.30 al Festival di Illustrazione PawChewGo al Base
ROMA, 5 Dicembre, Festival Rewriters, Lezione Spettacolo su Maschi del Futuro alla Sapienza di Roma, ore 13.30 - registrarsi gratuitamente qui
ROMA, 15 Dicembre, Festa delle Famiglie Arcobaleno, Circolo Mario Mieli (sarà possibile acquistare le copie del libro alla presentazione)
Intelligenza artificiale a parte, ricordo di aver avuto lo stesso tuo problema cercando immagini di stock di uomini che si abbracciano: prevalentemente erano immagini di coppie gay o immagini scattate ai Pride, e io cercavo semplicemente due amici che si abbracciassero. Complicatissimo. Ed è veramente uno dei tabù più grossi, che so, guardare un film con gli amici e appoggiarsi l'uno all'altro, fare una carezza a un amico che ti racconta un suo dolore (vabbè già questo è anche raro, però capita). La mancanza di intimità fa soffrire: lo vedo anche in mio figlio che ha iniziato la scuola secondaria ed è sempre stato fisico e coccolone con gli amici e invece adesso gli sta passando il messaggio implicito che non è il caso... Brutta cosa.
Grazie per questo post Francesca. Sempre occasione di spunto e riflessioni profonde.