#34 I democratici americani e l'energia sprigionata dal passo indietro di Biden
Saper mollare è un valore fondamentale per i maschi del futuro. E forse anche per quelli del presente.
Buon giovedì!
Se qualcuno di voi si è perso il numero della scorsa settimana, andatelo a recuperare: è il numero con più like e più commenti nella storia di questa newsletter, ed è quello in cui annuncio che il 3 Ottobre uscirà su Amazon Storie Spaziali per Maschi del Futuro, una raccolta di fiabe originali per aiutare i bambini e le bambine di oggi a crescere con un’idea più sana e sostenibile di maschile (cliccate QUI per saperne di più).
La prossima settimana, vi svelerò la copertina del libro! Non vedo l’ora.
Che cosa ci dice della battaglia sul maschile la convention dei democratici a Chicago?
Era il 18 Luglio, quando vi dissi che - secondo me - il machismo era il grande protagonista di questa campagna presidenziale americana.
Biden era ancora il candidato alla presidenza dei democratici. Trump si era presentato alla convention con l’orecchio bendato, dopo aver subito un attentato. Hulk Hogan si era strappato la maglietta sul palco. Elon Musk aveva annunciato che avrebbe donato 45 milioni di dollari al mese alla campagna di Trump (in seguito ha ritrattato, anche se continua a supportare Trump), seguito da molti altri miliardari della Silicon Valley.
Il partito democratico sembrava praticamente defunto, seppellito dalla volontà di Biden di non rinunciare a una candidatura che gli spettava di diritto, soffocato da una lotta che sembrava essere semplicemente uno scontro tra gli ego ipertrofici di due maschi del passato che - in modi diversi e non moralmente equivalenti - non riuscivano a rendersi conto della propria incapacità di fare il lavoro richiesto dall’ufficio che volevano occupare.
Poi, Biden ha fatto la cosa che, nell’educazione tradizionale maschile, viene considerata un’imperdonabile debolezza: ha mollato. Ha fatto un passo indietro.
“Boia chi molla” dicevano i fascisti con orgoglio, perché in qualsiasi cultura fondata sulla violenza il primo che molla, perde. In innumerevoli film, romanzi, serie televisive… la capacità di arrivare fino in fondo, di non ritirarsi finché la partita non è davvero chiusa, è una delle doti maschili più celebrate - romanticizzata anche in quei casi in cui l’ostinazione porta alla morte del proprio intero equipaggio (ho da poco rivisto “La tempesta perfetta”, il film del 2000 con George Clooney tratto dalla storia vera del peschereccio Andrea Gail).
L’aderenza di Biden a questo ‘codice d’onore’ è quantomeno generazionale, e ha costituito l’ostacolo più difficile da superare per arrivare alla decisione di mollare, e di lasciare spazio alla sua vice, Kamala Harris.
Alla convention di Chicago, il discorso di Biden è stato il suo addio. E c’è stata una cosa che ha detto Biden che mi ha toccata profondamente:
America, America, I gave my best to you. //
America, America, ti ho dato la parte migliore di me.
È una affermazione che Biden ha potuto fare, proprio perché ha mollato.
Quando il 21 Luglio era arrivato il suo annuncio, nessuno poteva immaginare che cosa sarebbe accaduto dopo, né la velocità a cui sarebbe successo.
L’abbandono di quel codice d’onore, e l’accettazione profonda della realtà da parte del Presidente (l’eroismo maschile si fonda sulla *non* accettazione della realtà) hanno istantaneamente liberato una quantità di energia che ha lasciato di stucco non solo i democratici, non solo gli americani… ma il mondo intero.
Se volessimo misurare quell’energia attraverso l’ammontare delle donazioni ricevute dal partito democratico ecco la cifra: 540 Milioni di Dollari. Questo è quanto i democratici hanno raccolto dal 21 Luglio a oggi.
Ma il denaro non è l’unica misura di quell’energia.
Fino al momento in cui le redini della campagna sono state passate a Harris, la sensazione generale era che il partito democratico fosse sostanzialmente uno zombie. L’ombra di se stesso, un morto che cammina. E invece.
La scorsa settimana a Chicago il partito democratico si è presentato alla nazione con una classe dirigente compatta, intergenerazionale, piena di donne e uomini estremamente carismatici, capaci di fare un grande gioco di squadra e di passare il testimone: da Bill e Hillary Clinton a Pete Buttidgedge, da Michelle e Barack Obama a Alexandra Ocasio Cortez, passando per Elizabeth Warren, Nancy Pelosi, Josh Shapiro, Mark Kelly…
Pensate alla convention dei repubblicani, per contrasto: quali figure importanti del partito hanno partecipato? Dov’erano Mike Pence, Mitt Romney, Sarah Palin, George W Bush? Lo spazio nel partito repubblicano è stato interamente occupato da Donald Trump, che non ha lasciato spazio per nessun altro che per se stesso.
L’occupazione di tutti gli spazi disponibili è una delle manifestazioni della fragilità della maschilità (e della leadership) tradizionale, perché esprime un’ansia di controllo che è semplicemente incompatibile con la vita stessa. E che infatti rende impossibile a una enorme quantità di energia vitale di esprimersi (nostra, e di chi abbiamo intorno).
Il passo indietro di Biden ha lasciato un vuoto che faceva paura - il vuoto fa sempre paura. Ma quello spazio era necessario per far posto ad una versione della realtà per cui eravamo pronti - senza che ne fossimo consapevoli.
Quello che sta capitando nella campagna presidenziale americana capita anche nella vita di tante e tanti di noi. A molti sarà capitato di sentirsi agonizzanti davanti a una decisione difficile, e di sentirsi liberati, leggeri, una volta che quella decisione è stata presa, spesso di sorprendersi davanti alle opzioni inimmaginabili improvvisamente si rendono possibili e che neanche avevamo immaginato. Le decisioni che ci fanno più paura spesso lasciano a cose nuove lo spazio di accadere.
Chi l’avrebbe detto che la base di un partito accusato di avere un problema con gli uomini si sarebbe innamorata istantaneamente di Tim Walz, un uomo bianco eterosessuale anziano con un passato da soldato, allenatore di football, e una passione per la caccia, la pesca e i motori? Kamala Harris lo avrebbe detto, e per questo ha scelto come VP il governatore del Minnesota, che non era certo la scelta ovvia.
Harris ha scelto un uomo che si è messo con gioia a servizio della sua missione dicendole: “sono onorato e pronto a fare tutto quello che è necessario per far vincere questo team”.
Qualunque donna abbia lavorato in posizioni di leadership dovendo gestire degli uomini sa che questo tipo di atteggiamento non è per niente comune, perché se mollare per un uomo è disdicevole in generale, mollare il controllo quando a tenere le redini è una donna è ancora più difficile.
La maschilità interpretata da Trump e JD Vance è una maschilità immobile, asfissiante, rigida, severa, spaventata. Quella interpretata da Tim Walz e da Doug Hemhoff (il marito di Kamala Harris) è una maschilità ariosa, ironica, flessibile, sfaccettata - sicura abbastanza da lasciare spazio agli altri, perfino alle altre.
Ecco quello che scrive Ezra Klein sul New York Times:
In Donald Trump e Tim Walz si trovano due archetipi molto diversi, ma chiaramente definiti, di cosa significhi essere un uomo. L'approccio di Trump si basa su una rappresentazione esagerata e quasi caricaturale della mascolinità, mirata a raggiungere giovani uomini alienati. La presenza di Hulk Hogan e del capo della UFC alla sua convention ne è un esempio. Invece, Tim Walz rappresenta un archetipo maschile differente: un allenatore di football, un soldato, un uomo che ripara l'auto, ma anche un alleato, a suo agio nel supportare le donne e nel cambiamento sociale.
L’ex coach della Manketo High School sta mostrando che si può essere maschi del futuro negli abiti di un nonno che vive in un piccolo paese dell’America rurale. Walz sta mostrando che è possibile fare spazio all’interno di una maschilità in apparenza molto tradizionale (la caccia, i motori)… per la vulnerabilità, l’ascolto, per lo spirito di servizio, per la gioia. E che si può fare in modo semplice, senza retorica. Basta… aver incontrato se stessi.
Nel suo efficacissimo discorso alla convention, Walz ha parlato di un tema estremamente sensibile come quello dell’infertilità raccontando il modo in cui quel viaggio è stato difficile non (solo) per sua moglie, ma anche per lui.
Ha parlato della libertà di autodeterminarsi delle persone LGBTQ+ non con le parole delle elites progressiste di LA e NYC, ma con quelle di un papà che vuole garantire la convivenza pacifica nelle sua piccola comunità.
Walz non cerca di rappresentarsi come qualcosa che non è. Accetta di stare davanti a un pubblico dicendo che non è abituato a fare discorsi davanti a una platea come quella della convention. Non cerca di aderire a una rappresentazione idealizzata di ciò che un capo, un leader, un politico, un uomo dovrebbe essere.
Anche questo è mollare. È un modo potente di sganciarsi dalla retorica pomposa e un po’ ridicola dei maschi alfa: il web è pieno di uomini muscolosi che impartiscono a decine di milioni di ragazzini lezioni su come essere percepiti come qualcosa di diverso da quello che si è, in modo da poter dominare chi abbiamo davanti.
Non c’è nulla in Walz che esprima un rifiuto della mascolinità. Il suo berretto camouflage è andato a ruba, lui si è fatto introdurre sul palco dai suoi ex giocatori di football, in uniforme, e ha concluso il suo discorso alla convention con una elaborata metafora sportiva. Quello che sembra dirci è che nel maschile c’è posto per la cura, per l’ascolto, per l’altro da sé.
Com’è liberatorio trovarsi davanti a chi depone la maschera, e quanto è importante smettere di insegnare ai piccoli maschi a indossare una maschera dopo l’altra per “farsi rispettare”.
Seguire Walz, Hemhoff e il tipo di maschilità che sta emergendo in questa campagna presidenziale mi sta dando speranza. Mi fa credere che i maschi del futuro siano molto, ma molto più vicini a noi di quello che pensavo. E che bisogna solo trovare il modo di mollare, e di dargli spazio, anche se mollare vuol dire spesso passare dal dolore (è per questo che opponiamo tutta questa resistenza).
Ho ripensato a questa canzone meravigliosa di Niccolò Fabi, che mi fa piangere ogni volta che la ascolto.
Lascio andare il destino
Tutti i miei attaccamenti
I diplomi appesi in salotto
Il coltello tra i denti
Lascio andare mio padre e mia madre
E le loro paure
Quella casa nella foresta
Un umore che duri davvero
Per ogni tipo di viaggio
Meglio avere un bagaglio leggero
Distendo le vene
E apro piano le mani
Cerco di non trattenere più nulla
Lascio tutto fluire
L'aria dal naso arriva ai polmoni
Le palpitazioni tornano battiti
La testa torna al suo peso normale
La salvezza non si controlla
Vince chi molla
Vince chi molla
E voi? Che cosa vorreste mollare, ma vi fa troppa paura perché non sapete chi sareste senza? Avete voglia di creare spazio nelle vostre vite per una energia vitale travolgente?
Abbiamo sempre parlato della parità di genere come una missione che ci richiede di trovare spazio fuori da noi. Ne abbiamo parlato troppo poco come qualcosa che ci richiede di trovare spazio soprattutto dentro di noi, dove ci attende nientemeno che l’infinito.
Forse, per il mondo che ci aspetta siamo già pronti. Basta solo lasciar andare il coltello tra i denti, lasciar tutto fluire e partire per un universo sconosciuto.
È per questa convinzione che ho scelto di ambientare Storie Spaziali per Maschi del Futuro su 12 pianeti immaginari, per raggiungere i quali bisogna salire a bordo di una navicella e decollare verso l’ignoto, verso le stelle. Vorrei che tutti, ma soprattutto le nuove generazioni, coltivassero questo desiderio di infinito, questa volontà di cercare fuori, ma soprattutto dentro di noi, quello spazio che serve all’emersione di un mondo nuovo.
Tenetelo a mente quando vi farò vedere la copertina, la prossima settimana.
Se avete amici o amiche che fanno fatica a leggere, ricordatevi che Maschi del Futuro esce anche su Spotify in versione podcast. Nella versione audio dell’episodio di questa settimana ci sono anche dei pezzetti della convention, e un pezzetto della canzone “Vince chi Molla” dello straordinario Niccolò Fabi.
A giovedì.
PS: Vi ricordo che questo è un progetto completamente indipendente. Non ha editori, non ha sponsor, non ha enti finanziatori (anche il libro non ha editori alle spalle, perché esce su Amazon). Questo progetto ha solo me, e voi. Quindi, se potete, sottoscrivete un piccolo abbonamento.
A Settembre ci sono un bel po’ di appuntamenti per incontrarci dal vivo:
7 Settembre a Cusercoli (Forlì) al Come Acqua Festival
21 e 22 Settembre a Piacenza al Festival del Pensare Contemporaneo
27 Settembre a Milano al Mix Festival
28 Settembre a Rovereto al Wired Next Fest
È stato molto bello leggere questa newsletter di prima mattina. Non sono tanto d'accordo che la retorica del non mollare sia prettamente maschile (ci sono tantissime storie con protagoniste femminili che hanno lo stesso atteggiamento e io l'ho sempre visto per entrambi i generi come una lezione di caparbietà e forza interiore, ancor più se si tratta di donne) ma mi piace tantissimo questa visione dei nuovi simboli del partito democratico. Anche io sono convinto che i tempi sono davvero maturi per un forte cambiamento: mi rivedo in quei valori fin da piccolo, e ho sempre trovato da ignoranti quei piccoli dettagli che rivelano un certo approccio alla mascolinità che è davvero retrogrado (esempio, il prendersi cura del proprio aspetto estetico, oggi ampiamente sdoganato per gli uomini). La nostra generazione si è trovata davvero nel mezzo di un cambiamento verso il positivo che sta trovando piena evoluzione in quelle successive, e sono fortemente ottimista per queste elezioni. Grazie di questa bella lettura!
Intendevo "sfottere un uomo perché si prende cura del suo aspetto estetico"... Il giorno che Substack metterà l'opzione modifica commento anche nell'app non sarà mai troppo tardi...